20 gennaio – 29 febbraio 2008 – tour del Marocco – 5660 km  

il viaggio e’ stato organizzato da Pino ed Annamaria che, a loro volta, si sono avvalsi della collaborazione di Khaled, una guida tunisina laureatasi a Tangeri. Anna ha deciso di partecipare a questo viaggio.

 20 gennaio

 Partiamo nel primo pomeriggio, viaggiamo in mezzo al freddo ed alla nebbia e siamo all’auto porto di Ventimiglia in serata. Ci troviamo con i vecchi amici, sorrisi, baci e abbracci. Svolgiamo subito le formalità amministrative (al nostro camper Pino ha assegnato il numero 15 su 18 e pertanto si trova ancora una volta in coda alla colonna) e ci sistemiamo per la notte. L’auto porto e’ comodo, spazioso ma inevitabilmente rumoroso. Passiamo una notte disturbata dal rumore degli autocarri che vanno e vengono.

 21 gennaio

 Partiamo presto (alle 8,30 siamo già in marcia) ed entriamo in Francia. Lasciamo il nostro obolo alle carissime autostrade francesi che però abbandoniamo subito dopo Marsiglia. Superiamo il rodano e sostiamo a Saint Louis le Mer, una località balneare deserta. Dopo pranzo, verso le quattro, ci muoviamo lentamente in direzione ovest. Ci imbarchiamo su di un traghetto per attraversare uno dei numerosi canali del delta del Rodano e quasi improvisamente ci troviamo in Camargue. Paludi, risaie, canneti, tori, cavalli aironi e centrali eoliche. Dopo un’ora ci troviamo a Saintes Maries de la mer, cittadina spagnoleggiante, capitale della Camargue. Una strana chiesa (stondata sul fondo e squadrata sulla facciata), case bianche, vie strette ed arena per i tori.

Parcheggiamo in una spaziosa area attrezzata piazzata ai bordi della cittadina.  In serata ci troviamo in quindici, quasi per caso, di fronte ad uno dei pochi ristoranti aperti. Entriamo e troviamo una cucina particolare, forse non tipica della camargue ma comunque originale.  Il piatto d’entrata e’ composto da una terrina bollente con pesce (essenzialmente cozze), verdure e formaggio. Il piatto principale e’ composto da una trionfale paella, con le vedure tagliate a pezzi grossi, pollo pesce, riso e spezie. La cena si conclude con una torta di mele e due bicchierozzi di vino.

la camargue

 22 gennaio  

Partiamo con comodo ed attraversiamo lentamente la camargue, ammirando il paesaggio insolito e spettacolare che, a tratti, ricorda le valli del delta del po’. Arriviamo a Sète verso le 13 e ci sistemiamo nel piazzale d’imbarco. Nel primo pomeriggio arriva la nostra nave. Si tratta della Marrakech, un traghetto relativamente piccolo di una compagnia marocchina. Ci imbarchiamo in retromarcia poiche’ l’interno del traghetto non e’ abbastanza largo da consentire un’agevole inversione di marcia ai mezzi un po’ più lunghi di un’automobile. Visto il mare piuttosto 

Sète: in attesa dell’imbarco
imbarco

mosso e le dimensioni del traghetto tra le signore del gruppo serpeggia un po’ di timore per eventuali problemi dovuti al rollio ed al beccheggio. Le discussioni sono tutte incentrate sul mal di mare e sui suoi rimedi. Enzo, la nostra scopa, si porta vanti e subito dopo l’imbarco si mette a letto con qualche linea di febbre. Le operazioni di imbarco sono piuttosto laboriose ma con un po’ di manovre riusciamo comunque a starci tutti. Una volta imbarcati la nave ci appare piuttosto malconcia. Ci viene assegnata la cabina 522 situata sulla fiancata destra e con oblò sul mare. Nonostante la cabina sia di classe “comfort” e’ piuttosto trascurata: mobili rappezzati, copri letti sudici (ma lenzuola apparentemente pulite) e bagno quasi impraticabile.  Ci dicono che questo e’ lo standard marocchino, noi non diciamo nulla ma non ne siamo convinti. Il traghetto salpa non appena si concludono le operazioni di imbarco e pochi minuti dopo siamo a tavola. Ci viene servita una cena non particolarmente invitante, ma non ci formalizziamo più di tanto. Siamo camperisti e stiamo andando in Marocco non (o per lo meno non solo) per apprezzare i piaceri della tavola, ma per scoprire una terra a noi sconosciuta, i suoi paesaggi e la sua cultura.

23 gennaio  

Giornata di navigazione. Al mattino il mare sembra tranquillo, la nave fila via apparentemente veloce e la giornata trascorre in tranquillità, tra una passeggiata sul ponte interno, un po’ di sole sul ponte esterno e l’esercitazione di abbandono della nave (più o meno come in aereo, con tanto di dimostrazione su come si indossa il giubbotto di salvataggio, l’individuazione delle uscite di sicurezza e del punto di raccolta). Il pranzo e la cena sembrano decisamente migliorati ( o forse siamo noi che ci stiamo abituando allo standard marocchino): il piatto forte della cena serale e’ formato da carne di manzo speziata e stufata accompagnata, o forse cotta, con prugne e albicocche secche; un abbinamento inusuale ma che offre una gradevole combinazione di sapori.  

24 gennaio  

In mattinata siamo in vista dello stretto. Vediamo da una parte Gibilterra, con la rocca e la montagna e dall’altra i promontori della zona nord del Maghreb. Arriviamo a Tangeri (una estesa sfilata di case e palazzi bianchi), intorno a mezzogiorno. Le operazioni di sbarco sono veloci ma le formalità doganali ci trattengono al porto per circa due ore. 

Tangeri
Tetouan
Una volta usciti dal porto facciamo tutti gasolio (70 centesimi al litro), rimontiamo i nostri baracchini che avevamo prudentemente smontato e nascosto prima dell’imbarco e ci dirigiamo subito verso l’interno, nella zona del Rif. Nel giro di poco più di un’ora siamo a Tetouan, una bianca cittadina, capitale della regione del Rif (una catena montuosa che caratterizza la parte nord del maghreb). Lasciamo i camper in un parcheggio e facciamo la nostra prima immersione in una medina (la parte “vecchia” di una città araba). Tetuan non si trova sul mare ma  in una piccola valle tra basse montagne. E’ una città importante e, proprio perchè lontana dal mare (e quindi lontana dalle contaminazioni europee), ha una medina
Tetouan: il caratteristico soprabito degli uomini

pressochè intatta. Cominciamo per la prima volta a respirare un’aria diversa, fatta di case bianche, vie strette, strade invase da merci,  persone, asini e voci sopra le quali emerge, ad intervalli regolari il lamentoso richiamo dei muezzin. Gli uomini indossano un soprabito lungo sormontato da un cappuccio appuntito mentre le donne hanno un abbigliamento multicolore che copre tutto il corpo ed i capo. Spesso hanno coperto anche il viso. Ogni tanto si intravede qualche donna con un cappello di paglia ornato da trecce di stoffa rossa.  Si tratta di un cappello tipico delle donne del Rif, da loro portato con orgoglio, per differenziarsi dal resto della popolazione arabeggiante. In serata ci muoviamo in direzione sud. Raggiungiamo Chefchouan e cerchiamo un parcheggio adeguato La città e’ piccola ed il traffico e’ congestionato. Ci muoviamo a stento e

nelle manovre il camper di Nando entra in collisione con l’auto di un locale,  che nemmeno si ferma. Nando riporta danni piuttosto gravi nella parte anteriore sinistra e perde lo specchietto, che sarà poi riparato in maniera fortunosa (barre di metallo e nastro adesivo) nella giornata successiva. Non troviamo un parcheggio e quindi proseguiamo, sempre verso sud, sino a quando non incontriamo uno spiazzo apparentemente adatto alla sosta notturna. Ci sistemiamo e dopo pochi minuti arriva un tizio (una specie di prefetto locale) che ci dice che la zona non e’ sicura e che non possiamo fermarci. Annamaria e Khaled chiedono invano indicazioni per un parcheggio più sicuro. Sembra che in giro non ci sia nulla di meglio per cui il prefetto decide di far arrivare un paio di soldati a sorvegliare la zona mentre noi riposiamo.    

25 gennaio  

Partiamo all’alba e attraverso paesaggi inconsueti (siamo su di un altipiano verde dal quale emergono colline altrettanto verdi) raggiungiamo Meknes, una delle quattro capitali imperiali.  Prima di arrivare a Meknes sostiamo a Volubilis, il piu’ importante centro archeologico del maghreb. Volubilis nacque nel 44 d.c. con l’obiettivo di rifornire di belve feroci (essenzialmente leoni) le arene dell’impero romano. Sopravvisse fino al 300 d.c. , fino a quando nella zona sopravvissero le belve. Fu una citta’ discretamente ricca e presenta parecchi mosaici, alcuni dei quali raffigurano leoni ed elefanti. Imponente l’arco di Cracalla, ancora intatto e le terme. I mosaici sono abbastanza ben conservati poichè sono rimasti per secoli sotto la sabbia.  

panorama del Rif
Volubilis

Ora sono esposti alle intemperie e probabilmente non dureranno molto. A Meknes ci sistemiamo nel parcheggio di un supermercato, facciamo gasolio e passiamo la notte. La vista al super ci apre gli occhi sulla realtà della vita in Marocco. I prodotti locali di prima necessità, essenzialmente carni ovine, pane, latte, frutta e verdura costano circa un terzo degli equivalenti prodotti italiani mentre per tutti gli altri prodotti i prezzi sono simili ai nostri o addirittura più alti. Considerando che lo stipendio medio si aggira sui 300 euro mensili e’ facile comprendere perchè molti maghrebini cerchino di emigrare in Europa.  

26 gennaio    

In mattinata raggiungiamo il centro della città, parcheggiamo appena fuori dalle mura e vistiamo il palazzo di

Meknes: i ruderi delle stalle imperiali

Moulay Ismail, un enorme deposito di grano, con mura di fango e paglia e annesse stalle che, ai tempi d’oro, potevano ospitare sino a 12.000 cavalli. Impressionati le dimensioni delle mura di cinta della città: 42 km di mura (sempre paglia, fango e sassi) alte sette od otto metri e spesse quattro metri. Il centro città sembra un alveare, con centinai di persone (e asini) che si muovono negli stretti vicoli della medina, comprando, vendendo e trasportando merci. Durante la visita al centro della città siamo stati costantemente scortati da poliziotti in borghese, riconoscibilissimi poiché comunicano tra loro con rumorosi  walky talky. Questo della scorta sembra essere una costante. Sino ad ora, ovunque siamo andati, siamo sempre stati accompagnati da poliziotti, anche in divisa, che cercavano di controllarci senza darlo troppo a vedere.  A mezzogiorno ci fermiamo in uno dei numerosi ristoranti all’aperto che si trovano in una grande piazza al centro della città. Anna assaggia il Tajit (uno stufato di manzo e verdure, fortemente speziato e cotto nelle caratteristiche terrine coniche), mentre io 

prendo del pollo allo spiedo farcito con riso, olive e spezie. In definitiva credo che Anna abbia preso il piatto migliore. In serata arriviamo a Fes, altra citta’ imperiale, e ci sistemiamo in un campeggio. Enzo e Roberta preparano pasta al tonno per tutti. Grande festa.  

27 gennaio  

In mattinata lasciamo il campeggio e andiamo in città. Parcheggiamo fuori dalle mura e ci avviamo a piedi. Entriamo nella medina e nel giro di pochi minuti siamo circondati da un nugolo di venditori che ci offrono piattini, statuette, scatolette di legno, fazzoletti di carta ed altre piccole cose. Ci tormenteranno per tutto il tragitto, con prezzi via via decrescenti. Uno di loro si improvvisa addirittura poliziotto e ci scorterà per tutto il tragitto, tenendo lontano i venditori, raccogliendo quelli che di noi si perdono ed indicando la via. Visitiamo il museo degli oggetti di legno, scarso come pezzi esposti ma interessante come architettura del palazzo ospitante. Si tratta della vecchia casa di un benestante locale. Il palazzo di tre piani, ben

Fes
Fes, il museo degli oggetti in legno

ristrutturato, si presenta con un ingresso ad arcata, un androne dal quale si dipartono le scale per salire ai piani superiori ed un cortiletto rettangolare centrale. Tutte le stanze situate al piano terra si affacciano sul cortiletto. Le stanze dei piani superiori si affacciano su di una balconata che corre lungo tutto il perimetro interno. La balconata e’ caratterizzata da ringhiere di legno lavorato e le colonne che sorreggono le balconate sono rivestite di gesso e mattonelle di ceramica. Sul tetto, infine, sono state posate alcune piattaforme per consentire la vista della citta e delle sue fortificazioni. C’e’ anche, sempre sul tetto, un piccolo bar con ombrelloni e tavolini per un piacevole e riposante

emomento di sosta. La citta' sorge ai lati di una piccola valle la nostra visita e’ partita da una delle porte che si trovano sulla sommità di una collina. Continuiamo quindi a scendere sino ad un edificio bianco,  all’esterno del quale alcuni arabi distribuiscono piantine di menta. Siamo arrivati nella zona delle tintorie delle pelli. Entriamo in questo edificio e saliamo sino al tetto, una grande terrazza dalla quale si vedono e vasche di tintura. Un enorme cortile pieno di vasche circolari ognuna delle quali contiene un liquido di colore diverso (dal grigio, al giallo, al rosso, marrone scuro ed al nero). all'interno delle vasche alcuni uomini, immersi nel liquido, prendono le pelli, le rivoltano,

Fes, un sarto al lavoro
Fes: l'orcia dei tintori
le strizzano, le rimettono sul fondo della vasca e le calpestano.  Dalle vasche si sprigiona un fetore quasi insopportabile (ecco il perchè delle piantine di menta)  e nel complesso il panorama assomiglia ad un girone dell’inferno dantesco.  Usciti dalla tintoria cominciamo a salire e scansando venditori, muli e carovane di carretti a mano (unico mezzo di trasporto esistente in queste brulicanti viuzze) arriviamo finalmente ai camper. Siamo esausti. Pranziamo e ci appisoliamo. Verso le cinque usciamo e vediamo che nel piazzale antistante il parcheggio si sono formati diversi capannelli di persone. Ci avviciniamo e vediamo che all’interno di questi capannelli si esibiscono attori, giocolieri o cantanti, altri esibiscono una scimmietta, altri ancora hanno messo in piedi una piccola lotteria. E’ domenica pomeriggio e le famigliole sciamano 
sul piazzale, da un capannello all’altro.  In serata raggiungiamo un ristorante situato nei pressi della porta di Boujeloud e assaporiamo una tipica cena marocchina: Harira (zuppa marocchina, piuttosto speziata),  cus cus (non eccezionale) dolci alla mandorla e frutta.  

28 gennaio

Giornata di trasferimento. Usciamo da Fes e ci dirigiamo verso sud.  Dopo qualche decina di km incominciamo a salire. Siamo ormai  sul Medio Atlante. Superiamo Ifrane, una cittadina di  

Fes: suonatore ambulante
Nella zona di Midelt

villeggiatura estiva, a circa 1000 metri di altezza, scolliniamo e  di colpo il paesaggio cambia. Non piu’ pascoli verdi, boschi e coltivazioni ma solo un’immensa e arida distesa coperta da pietre rosse. La vegetazione e’ ormai composta solo da arbusti bassi  e legnosi. E’ un panorama lunare. Siamo su di un altopiano circondato da montagne innevate (siamo circa 1400 metri di altezza).  Dopo un  centinaio di km ci fermiamo in una radura
Medio Atlante: ragazzini intorno ai camper
appena fuori da uno dei rari villaggi. Veniamo subito circondati da una marea di ragazzini, incuriositi dalla nostra presenza.  Veniamo a sapere che nella zona e’ stata sviluppata una fiorente coltivazione di mele (in realtà sino ad ora non abbiamo visto un albero, ma li vedremo poi, più avanti, dopo il paese, centinaia di alberelli, ora completamente spogli). Proseguiamo il viaggio e a metà pomeriggio siamo a Midelt, la localita’ piu’ importante della zona. Ci sono molte botteghe di minerali e pietre dure (sembra che nella zona siano stati rinvenuti dei fossili). Compriamo un pollo gia cotto (condito con lo zafferano) e sistemiamo così la cena. Siamo oltre i 1600 metri e di notte la temperatura scende a livelli prossimi allo zero.

29 gennaio  

Partiamo all’alba e scavalchiamo il Grande Atlante. Ci dirigiamo a sud ovest, verso Er Rachidia e mano a mano che procediamo il panorama cambia: non piu’ montagne innevate ma rilievi rossastri e pianure brune dalla scarsa o scarsissima vegetazione.  Il panorama e’ ormai simile a quello dei deserti del Nevada. Nel primo pomeriggio arriviamo sulla riva di un lago artificiale, una decina di km a nord di Er Rachidia. Il

Tra i rilievi del Grande atlante

Grande Atlante ai bordi del fiume Ziz

lago e’ formato da uno sbarramento sul fiume ZIZ, unico corso d’acqua nel raggio di decine di km. Il posto e’ spettacolare e decidiamo di fermarci per la notte. Sotto una stellata mai vista prima Anna prepara la pasta per tutti e la serata si conclude con un grande falo’ di arbusti.

30 gennaio

Partiamo nuovamente all’alba (alba sul lago, spettacolare) e seguiamo il percorso del fiume Ziz. Una trentina di Km dopo Er Rachidia ci fermiamo ad ammirare un’oasi sorta nell’enorme letto del fiume. I villaggi sono

El Rachidia: accampamento ai margini di un lago artificiale
Tafilalat: case di fango e paglia

composti da casupole rettangolari e con il tetto piatto. Il materiale da costruzione e’ ormai solo fango e paglia. I villaggi sorgono tutti in prossimita’ del fiume, le cui sponde sono coperte da in fitto palmeto (sembra che in questa zona si producano i datteri migliori del

Erfoud: reperti fossili
Marocco) .  Ci avviciniamo alla zona di Erfoud, nella regione del Tafilalat, nota anche per gli innumerevoli reperti fossili.  Visitiamo dapprima una miniera di fossili e poi, a Erfoud, un laboratorio per la lavorazione dei marmi fossili. Nel pomeriggio ci imbarchiamo su di alcuni fuoristrada e ci addentriamo nel deserto per una trentina di km.

 Nel deserto non esistono strade ma piste larghe centinaia di metri sulle quali le auto corrono parallelamente (spesso anche incrociandosi). Il fondo e’ piatto e di terra compatta e la vegetazione pressoche’ inesistente. Il nostro autista viaggia dando l’impressione di non avere una meta: ogni tanto va a destra mentre gli altri autisti vanno a sinistra e viceversa. Misteriosamente, dopo una quarantina di minuti, arriviamo all’accampamento di un pastore nomade: una tenda grande, un paio di tende piu’ piccole ed un recinto con alcune piccolissime capre (sembrano neonate denutrite). Visitiamo l’accampamento e riprendiamo la marcia verso ovest. Dopo altri venti minuti arriviamo, sempre inspiegabilmente, vista la zigzagante guida del nostro autista, ad un albergo che sorge nel deserto. Guardiamo meglio e scorgiamo qua e la alcune case, piuttosto distanziate  tra loro. Siamo a Merzouga, nell Erg Chebbi. Il panorama e’ dominato da dune di sabbia, tende e qualche cammello.

Tuareg ad uso turistico
Erfoud: un guado

Qualche nostro compagno decide di salire su di un cammello ed attendere il tramonto tra le dune di sabbia. Anna ed io ci sediamo all’esterno dell’albergo ed attendiamo il buio sorseggiando un te. Dopo il tramonto risaliamo in macchina. Viaggiamo al buio e senza una strada. Sempre miracolosamente dopo un’ora

Merzouga; dune e cammelli
di viaggio troviamo una strada asfaltata che ci porta prima ad un guado sul fiume Ziz e poi al parcheggio. Risaliamo sui nostri camper. E’ buio e fa freddo. Accendiamo la stufa e ci chiudiamo in camper. Casa dolce casa. 

31 gennaio

 Giornata impegnativa.  Ci svegliamo col buio per essere pronti a partire alle 7. ci dirigiamo ad est, verso Tinerhir. Percorriamo per una quarantina di km una strada provinciale, la R 702 dal fondo asfaltato e abbastanza buono poi ci immettiamo su di una statale, la N 10 che porta a Ouazazate. Verso le 11 siamo a Thinerir. Parcheggiamo in citta’ e facciamo un po’ di rifornimenti. Prendiamo anche due porzioni di tajine, lo stufato 

Erfoud: alba sul deserto  
Grande Atlante: si buca una gomma
cotto, senza acqua, nei loro vasi di coccio con il coperchio conico che divoreremo a pranzo. Sostiamo una mezz’ora per visitare il magazzino di un commerciante di tappeti tribali (dai prezzi secondo me assurdi) e poi raggiungiamo le gole di Todra, ove sostiamo per il pranzo. Visitiamo le gole (splendide, dai colori rossastri ed in linea con il panorama visto fino ad ora)  e poi ci muoviamo verso le gole del Dades, abbastanza vicine in linea d’aria ma distanti piu’ di 50 km di strada. Lungo il cammino scoppia una gomma la camper di Giancarlo (il numero 18).  Si ferma Enzo (il camper numero 20) che lo aiuta nella sostituzione della ruota. Noi proseguiamo per  
gole del Todra
una stradina stretta e tortuosa e finalmente, verso le 17, arriviamo alle gole. Non ci fermiamo e proseguiamo alla ricerca di un posto ove passare la notte. Dopo un’ora su per una strada sempre meno praticabile decidiamo di tornare alle gole, nei pressi delle quali sorge un campeggio. Nel frattempo il sole se ne e’ andato e quando arriviamo alle gole e’ ormai l’imbrunire e non c’e’ piu’ luce per una foto o un film decente e nemmeno per ammirare il panorama. 

Questa inutile passeggiata di circa due ore alla ricerca di un punto di sosta da occupare in sostituzione del campeggio ha innervosito un po’ tutti. Abbiamo viaggiato, consumato tempo e gasolio e non abbiamo ammirato le gole solo perchè l’organizzazione ha voluto risparmiare qualche euro del campeggio.   La serata si conclude in linea con il pomeriggio: ceniamo nel ristorante del campeggio che in cambio di 10 euro (una somma enorme per questi posti) non e’ in grado di fornire cibo a sufficienza per tutti.

1 febbraio

Gole del Dades

Partiamo verso le 9 e, attraverso un percorso tortuoso ma spettacolare,  scendiamo a 1000 metri (eravamo oltre i 1500 metri ) prendiamo la statale 10 e filiamo verso ovest.  Verso le 11 il camper numero 5 si ferma con una gomma a terra. Piero ed Enzo la cambiano in pochi minuti. Riprendiamo la marcia e siamo Skoura verso mezzogiorno. Visitiamo la kasbha, un  granaio fortificato fatto di paglia e fango. Si tratta in realtà di un piccolo castello, con numerosi vani, torri e torrette. L’architetture e’ tipica di questa zona e la visita si rivela piuttosto interessante. Pranziamo in camper

La discesa nella valle del Dades
 parcheggiati nel letto di un fiume e circondati da ragazzini che vogliono venderci ogni sorta di paccottiglia. Nel pomeriggio riprendiamo la statale 10 e nel giro di un’ora siamo a Ouarzazate, la città piu' importante della zona, capitale di provincia. Visitiamo quindi gli studi cinematografici
(parecchi film storici sono stati ambientati in questa splendida zona) e quindi ci sistemiamo in un parcheggio in città.  Facciamo quattro passi nei dintorni del parcheggio ma non troviamo nulla di interessante. Verso le nove arriva la polizia e ci fa sloggiare, con la scusa che la zona e’ poco sicura.  Ci sistemiamo nel parcheggio dell’aeroporto, deserto, pulito e controllato.  

 

2 febbraio  

Partiamo con calma ed imbocchiamo lentamente la statale per Zagora. Oggi visitiamo la valle del Draa, il terzo fiume di questa zona dell’Anti Atlante.  Poco fuori citta’ ci accorgiamo che il panorama e’ cambiato. La zona e’ sempre arida, il terreno rossiccio ma le montagne non sono piu’ aspre come quelle ammirate nei giorni scorsi. Solo collinette (in realta’ siamo su di un altopiano a circa 1000 metri di altezza). Dopo uno trentina di km ci fermiamo ad un passo per ammirare il panorama. Veniamo subito raggiunti da veditori di collane ed altre cose. Tra questi un ragazzo mostra un paio di strani animali.

Animali del deserto?

 

   
Valle del Draa: un villaggio fortificato

Sembrano dei lucertoloni verdastri e rossicci.  Non riusciamo a comprendere di quali animali si tratti ma restiamo affascinati dal loro aspetto, quasi di rettile preistorico. Riprendiamo la marcia e scolliniamo. Improvvisamente appare la vallata del Draa, una striscia verde lunga 200

Valle del Draa: mattoni di paglia e fango  
km e larga qualche centinaio di metri. La vallata e’ un immenso palmeto ai bordi del quale ogni tanto sorge un villaggio fortificato. A meta’ pomeriggio ci fermiamo per visitare un museo ricavato  all’interno di uno di questi villaggi. Il museo e’ assolutamente privo di interesse mentre e’ molto interessante il villaggio, interamente delimitato da un muro di paglia e fango alto parecchi metri. All’interno esiste una sola strada scoperta che corre lungo la cinta muraria. Le strade interne sono tutte coperte (addirittura  le abitazioni sono state  

costruite sopra le strade) e ad ogni incrocio (ogni 20 o 30 metri ) si apre un cortiletto, non più largo di 4 metri quadrati dal quale entra luce ed aria. Le costruzioni si sviluppano anche in verticale, con numerose torri e torrette a pianta quadra. Il pavimento dei locali superiori e’ sostenuto da travi di legno di palma, sulle quali viene appoggiato un graticcio di foglie di palma coperto poi da uno strato di terra e paglia.  Costruzioni poco costose, abbastanza resistenti e termicamente isolanti. In serata arriviamo a Zagora (purtroppo e’ troppo tardi per visitarla). Doccia e cena in comune, con la pasta preparata da Annalisa.

3 febbraio

Zagora: 52 giorni di cammello per Tombouctu
Zagora: il palazzo del governatore
Oggi percorriamo in senso inverso la vale del Draa. La luce e’  favorevole e lo spettacolo del palmento e’ se possibile, ancora piu’ splendente di ieri.  Pranziamo in una radura lungo il letto del fiume.  Gironzolando nei paraggi trovo un pozzo, con tanto di acqua ed otre in pelle. Nonostante la presenza dell’acqua la zona sembra abbandonata ed in quello che probabilmente era un fiorente orto ora crescono arbusti ed erbacce. Superiamo Ouarzazate e nel pomeriggio raggiungiamo Ait Bennhaddou, un vecchio paese abbarbicato  sui fianchi di una collina circondata in parte da un fiume. Un altro splendido panorama (già visto in qualche film storico) che ci invita alla visita. In paese troviamo una miriade di negozianti che ci offrono  la solita
Ait Benhaddou

merce e per turisti. Uno però è particolare. E’ un pittore (attivita’ rara  nei paesi islamici), anzi un piccolo artista, che dipinge panorami locali utilizzando pitture a base di te’, zafferano e indaco. La tecnica e’ particolare: spennella con una pittura apparentemente invisibile un foglietto di cartoncino, poi scalda il cartoncino su di una fiamma e la pittura a base di te’ si annerisce, quella a base di zafferano ingiallisce e magicamente spuntano colline, laghetti, carovane di cammelli e, ovviamente  l’immagine di un paesello fortificato. Prendiamo volentieri un quadretto di ricordo ed anche un paio di scarpe originali berbere (a detta del negoziante) che si riveleranno poi essere delle comode ciabatte. In serata ci infiliamo in un ristorante ove ci facciamo una cultura sui piatti locali:

Tajine: piatto di carne e verdure cotte nella particolare casseruola in terracotta dal coperchio conico.  Si tratta di un piatto particolare e gustoso. La cottura e’ apparentemente semplice. Si mette la verdura piu’ umida (cipolle, pomodori e peperoni a pezzetti)  sul fondo della casseruola, ci si mette sopra la carne a pezzetti e sopra ancora le verdure piu’ asciutte (patate a spicchi e carote)  messe in modo da formare un cono. Si cosparge il tutto con sale e abbondanti spezie (essenzialmente cumino, zafferano e peperoncino). Si copre con il coperchio conico e si mette la casseruola sopra un fornello a carbonella. Dopo una o due ore di cottura (non conosciamo i tempi) si toglie la casseruola dalla carbonella ed il gioco e’ fatto. L’acqua contenuta nelle verdure si e’ trasformata in vapore che, salendo lungo il

Ait Benhaddou

coperchio conico, ha cotto e mantenuto umide la carne e le verdure piu’ asciutte. Piatto ottimo e saporito. 

 Taflika: piatto particolarmente gustoso: si cuocciono insieme pomodori, cipolle, peperoni, spezie e carne a pezzettini. Il coperchio conico evita al dispersione dell’acqua e pertanto  il piatto resta piuttosto sugoso. A fine cottura si versano sopra delle uova che affondano nello stufato e cuocciono senza espandersi (formano delle isole bianche nel mare rosso del pomodoro).  

Omelette berbera: la uova, sbattute ed insaporite con le spezie, vengono versate su di un letto di cipolle  e pomodori gia’ cotti e bollenti. La frittata non viene girata e la parte superiore cuoce grazie al solito coperchio conico. Piatto semplice e gustoso.  

 

4 febbraio

 Lasciamo gli altopiani dell’Anti Atlante per scendere a Talouine e a Traudant, citta’ ad una cinquantina di km da Agadir. Una volta scesi il panorama cambia di nuovo. Non più il rosso delle montagne brulle ma il verde dei campi coltivati. Si intravedono serre, campi di grano e coltivazioni di zucche. Zucche enormi giacciono sui campi, in attesa di essere raccolte. Ogni tanto si incrociano vecchi camion stracarichi di zucche diretti (forse) a Marrakech. Non solo campi ma anche alberi: mandorli fioriti in grande quantità e, soprattutto, piante

Taroudant: albero di argan
 
Taroudant: alfabeto tifilnaghe

 di argan. Alberi simili ad ulivi che producono dei frutti (bacche verdi simili alle olive) dai cui semi si estrae un olio apparentemente miracoloso, utilizzato in cucina, in medicina e per la cura del corpo.  Sostiamo a Talouine per visitare una  cooperativa di produttori di zafferano. Un ragazzo mostra la differenza tra lo zafferano vero, estratto dai pistilli di un fiore, e lo zafferano finto, prodotto dalla barba del carciofo selvatico. Il primo e’ insipido mentre il secondo e’ dolciastro. Non acquistiamo le bustine di zafferano proposte dalla cooperativa poichè il prezzo sembra assolutamente esagerato: 2,5 euro al grammo, lo stesso prezzo proposto da una cooperativa toscana per lo zafferano coltivato e prodotto in  toscana).  Riprendiamo la marcia e sempre viaggiando tra prati ed alberi di argan arriviamo a Taroudant, una cittadina completamente recintata. Facciamo un giro in centro e non notiamo particolari differenze con le gia’ viste medine di Fez e Meknes.

 L’aria e’ calda ed il clima e’ umido. Non più la splendida atmosfera secca degli altopiani. Ora siamo vicino al mare e, per quanto temperati, il caldo e l’umidità si fanno sentire.  

5 febbraio

Giornata impegnativa. Lasciamo Taroudant e ci avviamo verso Agadir. Ad una trentina di km dalla  

città deviamo a sinistra, imbocchiamo una strada stretta, tortuosa ma molto panoramica e raggiungiamo Tiznit, la città più a sud del nostro itinerario. Siamo ormai in prossimita’ del 30° parallelo ed il sole comincia a farsi sentire. Il percorso da Taroudant a Tiznit e’ davvero memorabile: si ttraversano valli e passi montani ed il paesaggio cambia continuamente. Nelle valli la presenza di acqua favorisce la vegetazione e quindi campi coltivati, mandorli in fiore ed alberi di argan mentre nelle zone più alte ritorna il solito paesaggio arido: montagne brune, vegetazione scarsa e qualche gregge. Alcune colline sono letteralmente coperte da grandi piante grasse e

Tiznit
Tiznit

spinose. Alte circa un metro e larghe quasi due metri, uno spettacolo unico.  

6 febbraio  

Giornata di riposo. Parcheggiamo fuori dalle mura della città e avvisati da Arturo, troviamo un tappezziere che con 200 euro ci rinnova tutta la tappezzeria del camper. Non solo cuscini ma anche tende ed inserti di legno imbottito. Mentre gli altri nostri compagni di viaggio si drigono verso il mare per passare una giornata balneare noi, dopo aver preso accordi con il tappezziere, giriamo la città alla ricerca di una banca in grado di anticiparci del denaro dietro al semplice presentazione di un carta di credito (la prima carta ci e’ scaduta mentre eravamo

in viaggio mentre della seconda abbiamo scordato il pin).  Giriamo diverse banche spiegando in uno stentato francese il nostro problema ma non riusciamo a concludere nulla. Ci dicono di provare ad Agadir, una città internazionale  ove le banche sono forse piu’ attrezzate e meno diffidenti. Ci consoliamo pranzando in una pizzeria (non male).  

7 febbraio  

Puntiamo a nord, verso Agadir. La strada e’ scorrevole e si viaggia bene. Dopo una cinquantina di  

km giriamo a sinistra, percorriamo una mulattiera (poveri i nostri camper) e dopo qualche km arriviamo ala riserva ornitologica di Sous Massa. Lasciamo i camper in un parcheggio e ci avviamo su di un sentiero che porta al mare costeggiando la foce di un fiume. E’ quasi mezzo giorno e sotto un sole cocente  camminiamo su di un sentiero scoperto. Non vediamo alcun uccello degno di nota (solo gabbiani, cormorani e folaghe) ma in compenso ci prendiamo una bella scaldata. Nel pomeriggio prendiamo la strada nazionale numero 1 (assolutamente priva di traffico) ci dirigiamo verso Agadir. Durante il percorso sostiamo per una mezz’oretta nei pressi di Tifnite, un villaggio di pescatori. In In questo punto l’oceano ha scavato un ampio golfo dalla spiaggia sabbiosa e deserta. Arriviamo ad Agadir all’imbrunire.

La sede del parco Sous Massa

 

oceano
Ci fermiamo in uno spiazzo deserto ma veniamo subito sfrattati da un paio di poliziotti che ci portano in un altro spiazzo nei pressi della loro caserma. Siamo al mare e sostiamo in una zona piuttosto esposta. Sentiremo il vento fischiare e muovere il camper per tutta la notte.  

8 febbraio  

Giornata ventosa. La mattina trascorre veloce: ci trasferiamo in città e mentre Giorgio si incarica di far caricare tutte le bombole del gas (abbiamo chiamato 

un  furgoncino che ha caricato Giorgio e tutte le bombole e le ha portate nei pressi di un deposito di gas che svolge questo servizio solo per i turisti), tutti gli altri sciamano per le vie di questa città, interamente distrutta da un terremoto una trentina di anni or sono ed ora tutta nuova. La città, proprio perchè nuova, non offre nulla di interessante e noi ne approfittiamo per cercare una banca (questa volta siamo stati fortunati) e per  fare rifornimento in un ipermercato. In serata usciamo per il tour serale della città. Prendiamo un trenino gommato (il solito trenino per bambini che svolge il ruolo di trenino turistico) e raggiungiamo la marina. Spiaggia  enorme, sabbia

Un trenino per visitare la citta’
Dio Patria e Re
bianca, attrezzature turistiche e qualche bagnante. Ci infiliamo in un ristorante ove, ad un prezzo di affezione (35 euro a testa, un’enormità per questi posti) facciamo un pranzo a base di pesce scongelato. Scoprirò poi al ritorno che il ristoratore ha anche approfittato della mia carta di credito per riscuotere 1000 diram extra (circa 100 euro). Un intervento presso la società di gestione della carta di credito mi ha permesso non solo di recuperare il maltolto ma, a quanto ho compreso, anche di bannare il ristoratore disonesto.   

9 febbraio  

Lasciamo Agadir e puntiamo a nord. Non pero’ sulla statale 1, ma su una strada panoramica che passa all’interno, che si snoda attraverso le montagne e per poi sfociare di nuovo al mare. Percorriamo la “vallee du paradise” tra palmeti, orti e piante di Argan. La strada e’ stretta, ripida e piena di curve. Una strada impegnativa che pero’ ricambia l’impegno con uno spettacolare panorama.  Nel pomeriggio riprendiamo la numero 1 e filiamo verso nord.   La statale e’ l’arteria piu’ importante del paese. Lo percorre da nord da sud, e’ abbastanza larga e l’asfalto e’ buono. Nonostante questa premesse e’ stranamente poco trafficata. Incrociamo poche auto e ancora meno mezzi pesanti. Questo paese sembra basato su economie locali. Ogni distretto ed ogni citta’ consuma quel che produce e, almeno apparentemente, gli scambi con altre citta’ o altri distretti sono piuttosto scarsi. Dopo un paio d’ore di viaggio il camper numero 9 di ferma. Virgilio ha problemi alla frizione.

La vallee du paradise
Ci fermiamo in attesa di un carro attrezzi. Nel frattempo vedo alcune capre che sono salite (incredibile!) su di   

un albero di argan per mangiare le bacche e le foglie.  Finalmente arriva il carro attrezzi e Virgilio viene trainato ad Essauira (lo rivedremo dopodomani). Noi proseguiamo il nostro viaggio e raggiungiamo Had Dra, un anonimo paese costiero, sede di un importante mercato domenicale.

10 febbraio  

Ci svegliamo in mezzo a ragli, nitriti, muggiti e belati. Siamo ai margini del grande mercato di Had Dra. Visitiamo il mercato e ci troviamo nuovamente immersi in un girone infernale. Il cielo e’ grigio ed ogni tanto si sente qualche goccia di pioggia. La

Had Dra, il mercato
HadDra, parcheggio nei pressi del mercato

confusione e’ massima ed una moltitudine di uomini (niente donne) si muove in mezzo alla polvere, allo sterco di animali, a cumuli di rifiuti e a cumuli di mercanzia.  La colonna sonosra e’ composta da un fitto brusio, il vociare dei venditori e i lamenti degli animali mentre le narici sono impregnate da un mix di 

HadDra: taijne in cottura
odori in cui prevalgono gli odori di sterco e frattaglie, quest'ultime in cottura sui fornelli a carbonella. Vediamo anche qualche “ristorante” composto da un fornello a carbonella, una pentola (qualche volta un bidone) in cui ribolle un liquido denso e rossiccio ed un paio di tavolini. Siamo incuriositi dal cibo ma non ci fidiamo troppo di questi ristoratori ambulanti. Verso mezzogiorno vinciamo le nostre paure, prendiamo un pentolino ed usciamo alla ricerca del ristoratore apparentemente meno sporco.  Finalmente ne troviamo uno. Si tratta di un negozio con le pareti piastrellate(ma sporche), cucina e tavolini al coperto. E’ gestito da due giovani donne (piuttosto grassoccie) che con un sorriso riempiono la nostra casseruola con due piatti di tajit bollente (il tutto per la modica cifra di 60 dihram, circa 6 euro). Torniamo al camper e ci gustiamo il tajit migliore in assoluto mai assaggiato fino ad ora. Nel pomeriggio raggiungiamo il mare ad Essauira, l’antica Mogador portoghese. Durante il viaggio ci fermiamo a visitare la cooperativa femminile Marja per la produzione dell'olio di argan.
Cooperativa  produzione olio di argan

Visitiamo lo stabilimento: una stanza con una decina di donne sedute per terra che trafficano con i semi di argan. Il ciclo di lavorazione e’ piuttosto semplice: le bacche di argan vengono spolpate e viene estratto il nocciolo. Il nocciolo viene spaccato e vengono estratti i semi bruni e oleosi. I semi

vengono macinati tramite una macina a mano e la pasta densa e bruna prodotta dalla macinazione e’ ricca di olio di argan. Basta quindi una semplice decantazione per ottenere il prodotto finito. Restiamo tutti piuttosto scettici sulla credibilita’ di questo processo. Sembra piu’ una messa in scena per i turisti che un effettivo stabilimento di produzione. Ad ogni modo finita la “visita” passiamo nel reparto vendita ove ci vengono offerte boccette di argan ad un prezzo assurdo. Lasciamo perdere l’acquisto poiche’ in un supermercato avevamo visto confezioni simili ma a prezzi ben diversi.  A Essauira parcheggiamo in  un delizioso parcheggio

in riva al mare, situato tra la citta (protetta da una doppia cinta di mura) ed il porto. Accanto al parcheggio sorgono parecchi stand dipinti di azzurro in cui si vende, a prezzo regolamentato (veramente pochi spiccioli) pesce cotto alla piastra. In serata grande cena di pesce alla griglia, a prezzi decisamente locali.  

11 febbraio  

Ci svegliamo con calma, andiamo in piazza, prendiamo un cattivo

Essauira: la piazza sul mare
 
I bastioni di Mogador

caffè. Passeggiamo lungo le vie della città, abbastanza pulite ed ordinate. La città e’ piena di botteghe di ebanisti ed ovunque si sente il profumo delle essenze. Ci sono anche parecchi venditori di stoffe e di scarpe. Natale approfitta della mattinata di relax per andare dal barbiere mentre Anna gira per le stradine. A mezzo giorno nuova grigliata di pesce, per la verità meno soddisfacente di quella della sera prima.  Pomeriggio di riposo, con tanto di passeggiata sul lungomare ed in serata tutti al ristorante, per una tipica cena marocchina: harira (una minestra di legumi molto speziata), taijine e dolcetti alla mandorla, accompagnati da te alla menta.

 

12 febbraio  

Partiamo verso le nove e siamo a Marrakech prima di pranzo. Ci sistemiamo in un confortevole campeggio fuori città e nel pomeriggio tre pulmini vengono a prenderci  e ci portano in città. Visitiamo villa Bahia, il palazzo del gran visir che verso la fine dell’ottocento dominò la città poi ci dirigiamo lentamente verso la piazza Jemaa el Fnaa, il luogo di ritrovo della città. E’ una grande piazza (utilizzata anticamente per le esecuzioni capitali) brulicante di persone saltimbanchi e di bancarelle. Entriamo in un bar e saliamo sulla terrazza, piena di turisti armati di macchine fotografiche e di telecamere e ci sediamo ad ammirare la piazza. Siamo nel tardo

Marrakech: palazzo bahia
pomeriggio e la piazza si popola sempre di più. Accanto ai molti suonatori, che costituiscono la colonna sonora di questa strana rappresentazione, vediamo saltimbanchi di ogni tipo: qualche incantatore di serpenti, qualcuno che gira con una scimmietta, i venditori si acqua nei loro sgargianti costumi, acrobati, cantanti e attori.  E poi dentisti, guaritori, ciarlatani di ogni tipo,venditori di spremute di arancia, di lumache cotte, di frutta secca, e ancora poliziotti
Marrakech: piazza jama el fnaa

ed operai intenti a scavare un buco proprio al centro della piazza.  Gran parte della piazza e’ invasa dai ristoratori: un banchetto pieno di carne , pesce e verdure, una tinozza di acqua per la pulizia dei piatti, un fornello, qualche tavolo e qualche panca. Con il passare del tempo  i tavolini e le panche si riempiono di avventori e all’imbrunire la piazza e gremita ed i suoni diventano se possibile ancora più assordanti. Anche noi decidiamo di prendere parte alla manifestazione.  Scendiamo in piazza, ci mescoliamo alla folla, guardiamo i banchetti dei ristoratori (saranno almeno una cinquantina) ed alla fine ne scegliamo uno. Ci sediamo e ci vengono forniti in rapida successione dei piattini pieni di verdure crude, cotte, fritte ed arrostite, insieme a qualche spiedino di carne grigliata.  Dopo cena  

giriamo un po’ per la piazza. Anna compra una t-shirt con disegnata una palma ed il nome della città mentre io trovo,incredibilmente, una batteria di grande capacità per la mia telecamera. Verso le 22  i pulmini ci riportano al campeggio.  

13 febbraio  

In mattinata ce la prendiamo con calma. Rinunciamo alla progettata visita in città e approfittiamo del campeggio per riassettare il camper. Nel pomeriggio torniamo in citta’. Alessio ci accompagna a visitare la scuola coranica, poi visitiamo il suk (solita cianfrusaglia) ed in serata disastrosa passeggiata in carrozzella: il sole e’ calato ed il freddo diventa pungente e oltre al freddo non riusciamo a vedere quasi nulla poiche’ il buio impedisce di apprezzare gli eventuali scorci o panorami.  Ci

Marrakech: medersa Ben Joussef

rifacciamo con una pizza calda servita in un moderno ristorante della citta. Anna comincia a dare segni di insofferenza.  

14 febbraio  

Giornata di sole.  Rivediamo il camper numero 9 (quello cha avevamo lasciato qualche giorno fa per problemi alla frizione) e veniamo a spere che Adele, la moglie di Virgilio (sempre del camper numero 9) non sta bene.

Marrakech: giardini majorelle

Viene un medico, la visita e ne predispone il ricovero in ospedale. Non comprendiamo bene quali siano i problemi anche se si sussurra che si tratti di un’infiammazione renale.  Restiamo tutti sgomenti dalla notizia (gli ospedali marocchini hanno una fama sinistra) e ci auguriamo tutti che si tratti di un problema lieve.  Adele va in ospedale e noi lasciamo il campeggio. Ci sistemiamo nel piazzale di un supermercato, in attesa di notizie. Finalmente Annamaria riceve e comunica alcune notizie: Adele e’ stata ricoverata e messa in sala rianimazione per (sembra) una grave forma di disidratazione. La descrizione della situazione dell’ospedale e’ allucinate. Adele e’ stata sistemata in un lettino sporco e privo di lenzuola e coperte. L’ospedale e’ privo di materiale d’uso per cui Virgilio e’ stato costretto ad andare in una vicina farmacia per acquistare le provette per gli esami del sangue e delle urine. Nel pomeriggio visitiamo il giardino Majorelle, un giardino botanico fondato da un certo Majorell (artista che ha dato il nome ad una tonalita’ di blu che imperversa nei vialletti e nelle decorazioni del giardino). Il giardino contiene alcune piante

grasse di enormi dimensioni e nell’insieme offre l’opportunita’ di una visita tranquilla e rilassante. In serata, dopo una sosta nel parcheggio dell’ospedale, andiamo da Chez Ali, una specie di luna park per adulti ove in un’ambientazione arabeggiante (roba per turisti) ci viene proposto un ricco pasto (cus cus, tajine,  

capretto allo spiedo ed altre succulente pietanze) accompagnato dalla visita di danzatrici, suonatori e cantanti in abiti tradizionali. Dopo cena, seduti sulle gradinate di un piccolo ippodromo, una decina di cavalieri in tenuta berbera offrono uno spettacolo equestre a base di galoppate, spari, e raccolta in corsa di oggetti sparsi sul terreno  La serata culmina con l’esibizione

di una danzatrice del ventre e con uno spettacolo di fuochi artificiali. Come si diceva un luna park per adulti, nel quale ci sono stati offerti tutti i luoghi comuni degli spettacoli mediorientali. Una cosa molto kitch, ma nell’insieme interessante e gradevole.  

 

15 febbraio  

Giornata di sole. Partiamo con calma e ci dirigiamo verso nord, verso Fes. Corriamo tra campi coltivati a grano ed orzo e colline dolci, coperte da ulivi e di mandorli in fiore. Il panorama e’ piacevole, l’aria e’ tiepida e la visibilità buona. Lasciamo presto la statale 6 (la strada per Fes) e prendiamo la R 210, una strada regionale ben tenuta che ci porta verso le montagne dell’altro atlante coperte di neve. Raggiungiamo al diga di Si Driss e facciamo sosta per il pranzo. Riprendiamo la marcia ed in poco più di un’ora siamo a Ouzoud ove troviamo una tra le più belle cascate del nordafrica. 

Ouzoud: la cascata
Siamo a metà pomeriggio e la luce e’ buona. Il campeggio e’ nella parte alta del salto ed e’ circondato da rivoli di acqua che confluiscono verso al cascata. Lasciamo i nostri mezzi e ci dirigiamo verso la cascata. Visitiamo dapprima le sponde alte ma il panorama non e’ soddisfacente e la zona non sembra molto sicura: il sentiero corre lungo il bordo di un precipizio ed il terreno non sembra particolarmente solido. Abbandoniamo quindi questo posto di osservazione e attraverso ponticelli di tronchi ed assicelle raggiungiamo l’altra sponda della cascata dalla quale parte un sentiero che scende sino alla base. Anna non si fida ad attraversare questi ponticelli e ritorna al camper. La discesa e’ piuttosto veloce e ad ogni svolta la cascata appare sempre più  
Ouzoud: colonia di scimmie

imponente. In fondo l’acqua ha formato un laghetto sul quale galleggiano alcune rudimentali chiatte adibite al trasporto dei turisti da una sponda all’altra del laghetto. La cosa sembra piuttosto strana poiché il laghetto non è particolarmente bello. Una volta arrivati ai bordi del laghetto scopro che sull’altra sponda prospera una colonia di scimmie autoctone che vive in assoluta libertà tra gli anfratti della parete destra della cascata.  La colonia vive e prospera su di una parete ripida e rocciosa, nutrendosi di bacche e foglie. Un incontro inaspettato ed emozionate. Resto qualche minuto ad osservare le cascate e la colonia di scimmie poi riprendo con calma la salita per il campeggio

16 febbraio  

Giornata di sole.  Lasciamo le cascate  e puntiamo su Beni Mellal. Scavalchiamo ancora una volta il Grande Atlante, tra paesaggi splendidi e mutevoli. Vediamo colline arse, coperte da enormi piante grasse, altre colline coperte da ulivi, laghetti montani e gole con le pareti ripide ed alte decine, se non centinai di metri. Infine dopo un ultimo scollinamento, ci appare all’improvviso una immensa distesa verde e pianeggiante, solcata da strade e canali d’acqua. Si tratta di una nuovissima zona fertile del Marocco. E’ nata una cinquantina di anni fa a seguito della costruzione di una centrale idroelettrica, che ha portato l’acqua delle montagne dell’atlante in della costruzione di una centrale idroelettrica, che ha portato l’acqua delle montagne dell’atlante in una zona fino ad

Un lago artificiale tra i rilievi del Grande Atlante
Pausa pranzo

allora arida e desertica. L’energia fornita dalla centrale e l’acqua distribuita dai canali ha trasformato radicalmente questa zona. La città di Beni Mellal invece non ha nulla di speciale, dispone di una sorgente (o meglio di un fiume carsico) che va ad alimentare, insieme all’acqua della centrale idroelettrica, l’intricato sistema di canali che ha fatto la fortuna di questa zona. A fronte di questa splendida giornata si contrappongono le notizie che arrivano da

Beni Mellal: i canali
Marrakech che vedono Adele, la nostra sfortunata compagna di viaggio in condizioni sempre più critiche. Pur avendo cambiato ospedale (e’ stata portata in una clinica privata, più attrezzata  più confortevole dell’ospedale pubblico) la sua situazione sembra comunque peggiorata.  

 

17 febbraio  

Questa mattina arrivano da Marrakech notizie leggermente migliori di quelle arrivate ieri sera. Sembra che i reni di Adele non abbiano subito danni gravi ma che siano comunque necessari alcuni giorni di ricovero. Pino decide di lasciare Beni Mellal e di arrivare a Casablanca ove l’eventuale ritorno a Marrakech sarebbe favorito dalla presenza di una autostrada.  La giornata e’ piovosa e durante il viaggio Incontriamo diversi temporali preceduti da folate di vento e nuvole di polvere che si alzano dal terreno secco Una trentina di km dopo Beni Mellal e’ cessato infatti l'effetto positivo dell'acqua portata dai

Verso Casablanca
Casablanca

canali e troviamo improvvisamente in una pianura arida e desolata. A parte il tempo il viaggio e’ interessante. Passiamo dalle pianure verdi di Beni Mellal alle colline chiare e semidesertiche di Kourbiga, ricche di fosfati (il Marocco e’ il secondo produttore mondiale) per finire sulle colline verdeggianti dei dintorni di Casablanca. Verso mezzogiorno cominciamo a correre poiche’ vorremmo essere  a Casablanca prima delle 14, termine ultimo per la vista della moschea di Hassan II da parte degli infedeli. Purtroppo in città ci perdiamo e riusciamo ad essere sul posto per le 14:30. Pazienza. Rimanderemo la visita all’indomani mattina. Alle 16:30 Kaled ci comunica che siamo liberi fino alle 19, ora entro al quale dovremmo sapere se il parcheggio in cui ci siamo sistemati (una strada nei pressi della caserma della polizia) può ospitarci anche per la notte.  Su questo argomento (quello

della sosta notturna) l’organizzazione si e’ dimostrata piuttosto approssimativa. A parte qualche raro campeggio, previsto dal programma, abbiamo sempre dovuto mendicare un posto ove passare la notte. Alcune volte ci siamo trovati benissimo (come sul lago nei pressi di El Rachid) altre volte la sistemazione ‘e stata meno confortevole e  

spesso tribolata. Un viaggio in camper e’ un viaggio faticoso. La maggior parte degli equipaggi di questo viaggio e’ composta da persone, se non anziane, non più nel fiore degli anni per cui questo problema della sosta notturna, ripetutosi più volte nel corso del viaggio, ha esasperato un po’ tutti. Ad ogni modo approfittiamo delle ore libere per visitare il centro della città prendiamo un taxi e ci facciamo portare nella piazza principale. Una grande piazza circondata da palazzi recenti e molto verde. Camminiamo lungo i viali che non offrono nulla di interessante. Gran parte dei negozi e’ chiusa e la mercanzia comunque non attira.  Le grandi vie sono solcate da automobili, il traffico e’ intenso ed i luoghi non si differenziano molto da quelli di una qualunque grande città mediterranea. Fanno eccezione il colore dei palazzi tutti bianchi o quasi,

Casablanca: la moschea di Hassan II
 ed un po’ di sporcizia sui marciapiedi e sulle strade. Ci sediamo ai tavolini di un bar e poi torniamo alla base. Siamo di ritorno alle 19:00 ma dobbiamo aspettare fin dopo le 20 per ottenere dalla polizia locale il permesso di sostare in un parcheggio nei pressi dello stadio.  Questo oggettivo disagio offre lo spunto per una discussione con Annamaria che, ad un prezzo tutt’altro che amichevole, ha offerto un viaggio con un supporto logistico decisamente migliorabile.. Normalmente quando ci si trova nelle grandi città nessuna organizzazione pensa di poter parcheggiare i camper in 

centro. Tutti cercano un campeggio ed attivano un servizio di bus per la visita della città e questo, con Annamaria, e’ accaduto solo a Marrakech.

18 febbraio

Giornata umida e nuvolosa. Alle 9 torniamo nei pressi della moschea di Hassan II ed alle 10 iniziamo la visita guidata. La moschea e’ nuova ed enorme. E’ stata progettata da uno studio francese di architettura e  e’ stata costruita a metà degli anni 90 da mano d’opera.

Casablanca: la moschea di Hassan II
locale.  La guida ci racconta la favola del re buono che fece costruire la moschea per offrire un lavoro ed una specializzazione (marmisti, ebanisti, muratori, gessatori…) a migliaia di giovani marocchini. In realtà si trattò di un monumento alla dinastia  reale, voluto dal re e pagato da tutta la popolazione marocchina.  

Comunque stiano le cose la moschea e’ un monumento notevole: gli interni sono tutti in marmo o in gesso finemente lavorato il soffitto enorme, a cassettoni di legno di cedro può essere aperto per consentire, nelle giornate calde, una migliore ventilazione della navata centrale. Sotto la moschea e’ stata costruita una grande sala per le abluzioni ed un bagno turco, mai entrato in funzione a causa dei proibitivi costi di esercizio. Il salone interno può ospitare sino a 25000 persone anche se, a detta della guida questo evento si e’ raramente verificato. Il minareto, a base quadrata, e’ molto alto (sembra che sia il più alto minareto del mondo). Nel complesso l’opera appare imponente, creata forse più per celebrare il re e la sua famiglia che per motivi religiosi. Finita la visita facciamo quattro passi nella città vecchia (solito squallore e sporcizia) e nel pomeriggio ci spostiamo in un campeggio (l’unico della zona, a 25 km dalla città) infestato dalle erbacce e con una incredibile penuria idrica.

19 febbraio  

Casablanca: la moschea di Hassan II
Altra giornata umida e nuvolosa. Impieghiamo più di tre ore per compiere gli scarsi 120 km che ci separano da Rabat. Impieghiamo tanto tempo non per il traffico, peraltro scarsissimo, ma perchè si e’ deciso di evitare l’autostrada e per via di un interminabile break mattutino (peraltro piuttosto gradito da tutti).  Arrivati a Rabat parcheggiamo i mezzi sul 
Rabat: una torre nella zona portuale

 lungomare ed andiamo a vistare la kasbah, che in questa zona del Marocco identifica una cittadella fortificata. Ora la fortezza e’ stata trasformata in un giardino, con fiori ed uccelli ed il borgo, con le case bianche e azzurre, appare stranamente pulito e silenzioso, Dopo pranzo andiamo alla scoperta della medina, la città vecchia, che come sempre  coincide con la zona di mercato e di piccoli traffici commerciali. Soliti negozi pieni di merce scadente, solita ressa di persone e solita sporcizia. Anna compera un paio di pantaloni turchesi, tipo fuseaux, che si riveleranno poi inutilizzabili a causa della loro eccessiva larghezza. In serata, prima di cena la polizia ci fa trasferire in un parcheggio in collina, nelle vicinanze di un grande albergo.

20 febbraio  

Giornata tranquilla. Lasciamo i camper nel parcheggio, guardati  a vista dalla polizia e raggiungiamo  in taxi il centro della città.  Visitiamo al moschea di Hassen (incompiuta, risalente al XIII secolo) ed il mausoleo di

Rabat: la moschea di Hassen

  Mohammed V (il padre dell’attuale sovrano. Visitiamo quindi il museo della moneta, realizzato dalla Banca del Magherb (la banca di emissione). Un’interessante raccolta di monete antiche locali, risalenti anche a periodi fenici e romani. Nel pomeriggio ci riposiamo. Viaggiamo ormai da un mese, e la stanchezza comincia a farsi sentire.

Guardia imperiale

21 febbraio  

Fatichiamo un poco ad uscire da Rabat ma alla fine siamo sulla strada nazionale numero 1, diretti a  

nord. A Kenitra ci fermiamo a visitare un importante museo etnologico privato.  Il museo e’ piuttosto ampio e raccoglie moltissimi pezzi di produzione locale risalenti  al secolo scorso ed oltre. Non solo ceramiche, utensili da cucina o da lavoro, ma anche libri, armi, sculture in legno e strumenti musicali. Il museo appartiene da tre generazioni alla famiglia Dar Belghazi ed e’, con ogni probabilità il più fornito ed interessante del Marocco. Questa volta la pausa pranzo la facciamo su di un parcheggio sul mare, in una deserta località balneare. Anna ed io ne approfittiamo per infilarci in un ristorante per una pranzo a  base di pesce. In serata siamo a Moulay Bousselhem, una località sulla costa sede di un importante parco ornitologico.

Kenitra: museo Dar Belghazi  

22 febbraio

Moulay Bousselhem

Giornata umida ed intensa. Al mattino prestissimo, insaccati nelle nostre felpe e nei nostri piumini facciamo un’escursione in barca su di una vasta zona umida (larga e poco profonda) ove, sembra nidifichino fenicotteri ed altri uccelli interessanti. Il safari fotografico si rivela un piccolo disastro. Fa freddo e c’e’ molta umidità ma in compenso non vediamo alcun particolare uccello, se non i soliti gabbiani e cormorani e, in lontananza, un volo di fenicotteri dalle ali rosate. Nel primo pomeriggio lasciamo l’oasi ornitologica ed in pochi minuti di autostrada siamo nei sobborghi di Tangeri. Ci dirigiamo verso il porto di Lixus, una zona archeologica ove, sotto un’insistente pioggerellina,  visitiamo i ruderi

 

dell’antico porto fenicio e romano. Nulla di interessante soprattutto se paragonati alle rovine di Efeso e di Aphrodisia ma certamente importante segno della presenza delle civiltà mediterranee gia' alcuni secoli prima di cristo.  Continua  a piovere e nel pomeriggio restiamo nei pressi di Tangeri in un luogo ove una compagnia di navigazione marocchina ha allestito una grande area camper, con tanto di servizi, corrente elettrica e ristorante.  E’ presto ed Anna ed io decidiamo di fare un salto nel centro della cittadina per vedere di recuperare qualche piatto pronto o per individuare un ristorante. Niente da fare. La cittadina e’ abbastanza moderna ma non riusciamo a trovare nulla di soddisfacente. I soliti negozi sporchi e pieni di paccottiglia. Ormai la mercanzia marocchina non ha più alcun interesse per noi per cui all’imbrunire torniamo al campo e ci chiudiamo in camper.  

Lixus, i ruderi dell’antico porto

23 febbraio  

Ci muoviamo con l’idea di raggiungere Ceuta, enclave spagnola in territorio marocchino. Credo che la decisione di spostare la carovana sia stata presa per evitare di trascorrere una o due notti  Tangeri, città assolutamente non sicura.  In effetti pochi minuti dopo la partenza ci imbattiamo in un uomo, in apparente stato confusionale, che tenta con tutti i mezzi di fermare la carovana (ha persino strappato i tergicristalli di Giorgio e si e’ poi aggrappato ad una portiera, facendosi trascinare per qualche decina di metri). Ragionandoci sopra a mente fredda abbiamo avuto la sensazione che si sia trattato di un tentativo di rapina, fallito grazie  ai nostri CB (i primi della carovana ci avevano preavvertito della  presenza e dei tentativi di fermare i camper messi in atto da questo presunto  

ubriaco). Piove ed i tergicristalli sono una necessità per cui invertiamo la marcia  e torniamo a Tangeri, nella speranza di trovare i pezzi di ricambio. Una volta giunti in città  assistiamo in diretta all’assalto dei camper da parte di alcuni disperati che, convinti che fossimo li per imbarcarci, tentavano di salire sul tetto e di nascondersi nei bagagliai. Per fortuna tutti questi tentativi di assalto vanno a vuoto (Enzo, del camper numero 20, ha addirittura smontato la scaletta esterna per impedire abbordaggi indesiderati). Sostiamo nel parcheggio di un supermercato guardati a vista dalla polizia e cominciamo a porci il problema di dove passare la notte. Nel pomeriggio decidiamo di ripartire alla volta di Ceuta.  Tra acqua e nebbie fitte, ci avviamo verso le montagne del  Rif. utilizzando una superstrada. La superstrada, apparentemente nuova e scorrevole, sembra progettata assai male: le

Tangeri
La costa est di Ceuta

piogge di questi giorni hanno infatti causato numerose frane e smottamenti. Passando abbiamo assistito ad uno smottamento in diretta: una enorme colata di fango stava occupando la carreggiata ed abbiamo potuto passare solo invadendo la corsia opposta (per fortuna il traffico era limitatissimo). Abbiamo poi trovato profonde buche sull’asfalto ed un enorme masso, franato dalle pareti laterali. Su tutto il percorso (una quarantina di KM), non abbiamo visto nessun operatore stradale, nessun cartello di avvertimento e nessuna auto della polizia (onnipresente invece nelle città). Nel tardo pomeriggio siamo nei pressi di Ceuta ma decidiamo di non entrare in città poiché e’ ormai tardi e non vogliamo trovarci impegolati nelle pratiche doganali. Proseguiamo quindi sulla strada costiera (ora siamo sul versante mediterraneo della costa) Ci fermiamo nel parcheggio di un hotel con l’idea di prendere un tè e di passarci la notte. Il direttore. dell’hotel però ci inviata a sgomberare il parcheggio subito dopo il tè.

Raggiungiamo quindi un lungomare deserto (una zona abbastanza riparata, non facilmente visibile dalla strada costiera e ci sistemiamo per la notte  

24 febbraio  

Al mattino presto siamo tutti in fila davanti al posto di frontiera per Ceuta. Le pratiche doganali si rivelano abbastanza lunghe (oltre un’ora) durante la quale vediamo un autobus di linea che viene letteralmente smantellato dai doganieri (all’interno troveranno , sembra , 1000 kg di sostanze stupefacenti). Superiamo la dogana, raggiungiamo la città e sostiamo nella zona portuale. Usciamo per fare quattro passi e ci accorgiamo che il mondo e’ cambiato. Non più negozi e case fatiscenti o vicoli maleodoranti ma strade larghe e pulite e traffico ordinato e negozi europei. Ceuta e’ porto franco ed i negozi espongono oggetti tecnologici (essenzialmente telefoni e 

macchine fotografiche) a prezzi davvero interessanti. Purtroppo e quasi mezzogiorno di domenica e di negozi chiuderanno entro pochi minuti. Ci limitiamo quindi a guardare, non avendo il tempo necessario per fare un qualunque acquisto. Nel pomeriggio Anna ed io facciamo un giro a piedi sulla strada costiera est (la strada sale su di un promontorio e dall’alto si vedono abbastanza bene le sponde europee). In serata cena in un ristorante messicano, con Giancarlo, Renato e rispettive consorti.  

25 febbraio  

Partiamo prestissimo nella speranza di non trovare code alla frontiera

Ceuta: piazza principale
con il Marocco. Speranza vana. Dopo due ore di attesa si concludono le pratiche doganali e siamo di nuovo in Marocco. Ripercorriamo la strada fatta l’altro ieri  sotto la pioggia. Oggi il tempo e’ migliorato ed il panorama e’ spettacolare. Saliamo molto ed al momento dello scollinamento perdiamo la vista sul mediterraneo e riacquistiamo la vista sull’oceano. La strada lascia allibiti. I danni della pioggia sono più estesi e profondi di quanto non fosse sembrato. Non si contano le frane, i massi in mezzo alla strade gli smottamenti. Siamo più volte costretti ad invadere la corsia opposta (per fortuna  anche oggi non c’e’ traffico) ed anche questa volta, in tutto il percorso, non abbiamo visto ne’ uomini ne mezzi nè segnalazioni. E’ sembrata una strada abbandonata. Giunti nei pressi di
La grotta di Ercole

Tangeri evitiamo la città e ci dirigiamo poco più a sud, verso Cap Spartel, il promontorio ove, dicono, le acque dell’oceano incontrano le acque del mediterraneo. Khaled, la nostra guida si affanna  mostrarci una inesistente linea di incontro delle due acque. Non vediamo nessuna linea di demarcazione, ma in compenso ci godiamo il panorama.  Ci dirigiamo quindi verso le grotte di Ercole, una grotta scavata da un fiume, che si apre sull’oceano.  Il mare, visto dall’interno della grotta e’ spettacolare e il luogo merita senz’altro una visita. Peccato che la solita avidità dei commercianti abbia trasformato l’interno della

grotta in un suk.  Ci fermiamo in una zona panoramica su di un promontorio, per la pausa meridiana. Rosa, la moglie di Candido, prepara la pasta per tutti e tutti ne approfittano volentieri. Nel pomeriggio raggiungiamo Tangeri e parcheggiamo i camper nel cortile della “casa degli italiani” un complesso acquistato ai primi del 900 dal governo italiano. Si tratta in realtà di un piccolo quartiere che comprende, oltre ad un palazzo signorile, una chiesa, ed un ospedale. La chiesa e’ chiusa da tempo, l’ospedale sembra in fase di ristrutturazione ed il palazzo, in parte piuttosto malandato, e’ sede di un ristorante e viene, all’occorrenza, utilizzato come sede di convegni e manifestazioni culturali. Il gestore del ristorante (ed anche gestore dell’intero complesso,

Tangeri, casa Italia

ospedale escluso) ci accompagna in una visita guidata al palazzo (in realtà nulla di speciale). Dopo la visita abbiamo qualche ora di libertà prima della cena e ne approfittiamo per fare una  visita in centro ove ci aspettano atmosfere già conosciute. Tangeri non e’ molto differente da Casablanca o da Rabat, forse e’ solo un po’ più pulita. In serata cena al ristorante italiano, con profumi e sapori che stavamo per dimenticare.

26 febbraio

Partiamo verso le nove e ci dirigiamo nel parcheggio di un supermercato, in attesa dell’ora di imbarco. Anna ne approfitta per investire gli ultimi dhiram in una mise sportiva, decorata con perline e piuttosto carina. Rivediamo finalmente anche il camper di Virgilio, bloccato a Marrakech dalla malattia di Adele Virgilio ci racconta che, grazie all’assicurazione preventivamente stipulata con l’ACI, Adele e’ stata visitata da un medico appositamente giunto dall’Italia ed insieme al medico imbarcata su di un aereo diretto a Roma (verremo poi a sapere che  la cura e’ stata piuttosto lunga e che solo in maggio, dopo una lunga degenza in ospedale, Adele e’ finalmente riuscita a tornare a casa). Nel pomeriggio ci avviamo verso il porto e ci sistemiamo nella zona doganale. Le formalità vanno per le lunghe, così come  e’ lunga l’attesa per l’imbarco. Finalmente in serata riusciamo a  

salire a bordo. Ci assegnano una cabina notevolmente migliore di quella assegnataci nell’andata (un po’ più pulita, con il bagno in ordine e la moquette rossa). La compagnia di navigazione, grazie ai buoni maneggi di Pino ed Annamaria, fa trovare un cesto di frutta nelle camere di ogni equipaggio. Un gesto simpatico, che conclude bene la vista in questo affascinate paese.  

27 febbraio  

Giornata di navigazione senza nessun particolare evento. In mattinata Annamaria fa la solita riunione di fine viaggio e nel

Fine viaggio

pomeriggio Anna ed io ci imbarchiamo in un divertente torneo di burraco.  

28 febbraio  

In mattinata, quasi in perfetto orario, sbarchiamo a Sète e ci avviamo subito verso l’autostrada. Viaggiamo abbastanza compatti per i primi km  poi ci dividiamo ed alla fine ci troviamo soli. Rientriamo in Italia e passiamo la notte in un parcheggio sull’appennino.  

29 febbraio

Ci rimettiamo in marcia  e siamo a casa in mattinata.

Conclusioni:

Il viaggio e’ stato come sempre interessante. L’organizzazione ha mostrato i suoi soliti limiti ma ormai e’ una questione fisiologica: i viaggi di Pino ed Annamaria sono per alcuni versi stressanti (principalmente nella ricerca dei punti per la sosta notturna, per la quale sembra si evitino scientemente i campeggi) mentre per altri versi sono assolutamente piacevoli (mi riferisco soprattutto al clima amichevole e conviviale, non presente in alcun altra organizzazione). Il Marocco e’ stato sicuramente all’altezza della sua fama. I giorni trascorsi all’interno ci hanno offerto panorami e sensazioni indimenticabili mentre le capitali imperiali ci hanno mostrato i segni di una cultura e di una civiltà troppo spesso dimenticata o addirittura rimossa da noi europei. Abbiamo viaggiato per 41 giorni, percorrendo  5660 km ed abbiamo speso 5800 euro, circa 140 euro al giorno, parecchio più del costo medio giornaliero dei nostri viaggi

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