maggio/giugno 2004 - tour della Sardegna - 1800 km

 

Il tour ‘Mari e monti in terra sarda 2004’ e’ stato organizzato da Pino e Annamaria Santacroce, dell’ACI camper di Livorno.  Il programma prevede 19 giorni in giro per la Sardegna, con soste, visite guidate, feste e momenti di relax.  Si tratta di un tour riservato esclusivamente a camper con equipaggio di due persone piu' eventuali animali  Per partecipare e’ stato necessario iscriversi all’ACI e installare un piccolo apparecchio CB, rivelatosi poi di grande utilità. Nella cartina sono riportati, in maniera un po’ approssimativa, sia l’itinerario che i principali punti di sosta e visita.  

20 maggio

Partiamo al mattino e ci immettiamo subito nella coda per Livorno. A Fiorenzuola, esasperati, decidiamo di  prendere la via Emilia, ma la velocità non cambia. A Parma ovest riprendiamo l’autostrada, giusto in tempo per assistere in diretta ai lavori di numerosi operai e tecnici impiegati negli altrettanto numerosi cantieri aperti sul tratto Parma / La Spezia.  A meta’ pomeriggio siamo a Livorno, facciamo il pieno e raggiungiamo il punto di ritrovo. Poco dopo arrivano Pino e Annamaria, distribuiscono sorrisi, cartine, riviste sulla Sardegna, cartellini da appendere al collo e numeri di equipaggio, da fissare davanti e dietro il 

sul traghetto per Olbia

camper (a noi è toccato il numero 7).  A Livorno siamo, in tutto, una ventina di camper. Alcuni, partiti prima, ci aspettano a Olbia mentre altri ci raggiungeranno durante il tour (alla fine saremo in 28).  Ci dirigiamo verso il punto di imbarco.  Ci perdiamo subito ma riusciamo a reinserirci nella carovana e, verso le 18, ci imbarchiamo sul traghetto ‘Moby Rider’.   Ci sistemano sul ponte più alto, siamo all’aperto e, con soddisfazione di tutti, possiamo cenare e dormire in camper. 

21 maggio

Di primo mattino siamo in vista delle coste della Sardegna. Sulle banchine del porto di Olbia notiamo alcune persone che si agitano e salutano. Scopriremo poi che sono i nostri compagni di viaggio partiti iprima.  Sbarchiamo velocemente, ci uniamo agli altri, ci mettiamo in fila per numero e partiamo subito alla volta di Porto Cervo.  All’ingresso di Arzachena ci fermiamo qualche minuto per aspettare l’auto dei vigili che ci scorterà sino al porto. Quasi subito ci rendiamo conto che una carovana di 28 camper, fermi lungo il ciglio della strada costituisce un bel problema di viabilità. Per fortuna l’attesa è breve e pochi minuti dopo l’arrivo dell’auto dei vigili, ci sistemiamo nel porticciolo e visitiamo Porto CervoSi tratta di una città esclusiva, per turisti facoltosi: poche abitazioni e molti negozi pieni di articoli belli e costosi. Passeggiando per le stradine del paese ci viene in mente il Caesar Palace di 

i camper a Porto Cervo

Las Vegas, un megastore/casinò costruito all’interno di un gigantesco capannone, con negozi in stile romano,  piazzette, fontane, vie alberate e cieli dipinti. Quì siamo all’aperto, l’aria e’ profumata, lo stile e’ mediterraneo ma e' quasi tutto finto:le case in stile sono appena state costruite ed i vezzosi giardini  appaiono fuori posto, quasi un mix tra Gardaland ed un centro commerciale. Nella tarda mattinata riprendiamo il viaggio, costeggiamo la parte nord della Sardegna e poco prima di Palau scorgiamo Capo d’Orso,  

con la caratteristica scultura naturale a forma di orso. Nei pressi di Santa Teresa di Gallura giriamo verso sud ovest, e ci dirigiamo verso l’Isola Rossa. La velocità e’ piuttosto allegra poiché dobbiamo recuperare il tempo speso ad aspettare i vigili. Il paesaggio e’ mediterraneo: arbusti, pini marittimi e, soprattutto, tanti fiori di specie diverse. Siamo in maggio, e’ piovuto da pochi giorni e le colline sono variamente colorate. Probabilmente tra un mese il paesaggio sarà caratterizzato solo dal giallo dell'erba secca, ma ora assistiamo ad un vero spettacolo di colori.  Alle 14,30 arriviamo all’Isola Rossa. Il comune ci ha riservato un piccolo parcheggio nel quale, comunque, riusciamo ad entrare tutti.  Isola Rossa e’ un paese sul mare, con una bella spiaggia, una torre diroccata, un porticciolo ed un’isola con rocce di marmo rosa. Facciamo quattro passi in paese e sulla spiaggia, qualcuno fa un po’ di spesa e nel tardo pomeriggio partiamo per Aggius. Ora la carovana e’ piuttosto lunga e lenta ma c’è poco traffico e quindi non si pongono particolari problemi. Alcuni tratti in salita mettono a dura prova il motore: si viaggia cosi’ lentamente che anche in seconda il turbocompressore non riesce ad entrare in funzione, il motore perde potenza e si deve inserire la prima, con conseguente surriscaldamento dell’acqua e pericoli per la testata. Durante il percorso ci fermiamo ad ammirare la ‘valle della luna’: una grande valle, quasi priva di abitazioni, disseminata di

la valle della luna

  massi che, soprattutto nella stagione secca, evocano un paesaggio lunare. Sullo sfondo, sulle colline che delimitano la valle, sono stati eretti alcuni enormi pali per generatori eolici che contribuiscono, con la loro innaturale presenza, ad accentuare l’aspetto inospitale e ‘lunare’ della valle. Verso sera arriviamo ad Aggius e ci sistemiamo nel parcheggio dell’agriturismo del ‘Muto della Gallura’.  Passeggiamo un po’ tra gli animali (scrofe con prole, vacche, asini, cani) e poi tutti a cena: olive,

carne salata e formaggi; poi uno sformato di pane e formaggio, coperto da un intingolo a base di vitello, poi agnello in agrodolce, gnocchetti, porcellino allo spiedo, salsicce con patate e olive, dolcetti, liquori (ottimo il mirto) e caffè.  Alla fine  della cena siamo tutti contenti e chiacchieroni.  

 22 maggio

Sveglia all’alba, doccia, colazione, pulizia del camper e partenza per Santa Trinità di Saccarigia. Percorriamo una statale a quattro corsie, ci fermiamo ad un distributore e lo intasiamo: la carovana non è uno scherzo, nè per il parcheggio dell’impianto nè per la viabilità della strada.  Verso le 10 arriviamo alla basilica della Santissima Trinità di Saccarigia, al centro di una valle deserta. Si tratta di una costruzione del 1100 ampliata nel 1200.  Nell’abside e’ presente un imponente ciclo di affreschi a carattere religioso, molto ben conservati  L’interno, l’esterno ed i pavimenti sono originali.  All’esterno si notano i ruderi di tre monasteri e, secondo la guida che 

Santissima Trinita' di Saccarigia
i camper a Capo Argentiera
ci ha accompagnato, la basilica sorgeva al centro di un affollato borgo. Riprendiamo la strada e nel primo pomeriggio arriviamo a Punta Argentiera.  Ci sistemiamo fronte mare e subito dopo pranzo Natale azzarda un bagno nel mare. L’acqua e’ limpida, invitante ma inesorabilmente fredda. Punta Argentiera deve il nome ad una miniera di argento ormai in disuso.  Il posto, pur bello, e’ in grave degrado: abitazioni fatiscienti, strade dissestate, tentativi di urbanizzazione incompleti e strutture industriali e 

turistiche ridotte a ruderi. A parte questo il paesaggio e’ splendido: il mare è azzurro, la vegetazione sulle colline circostanti e’ in fiore, la baia e’ composta da tre piccole spiagge, sabbiose, pulite e deserte. In serata ci troviamo tutti al bar del luogo. Pino ha portato uno stereo che diffonde ritmi latini. Alcune signore, più spiritose di altre si esibiscono su di una improvvisata rotonda . L’apice e’ raggiunto da una ‘macarena’ ballata da cinque signore del gruppo, che alla fine ricevono anche qualche applauso.  

23 maggio

Al mattino facciamo quattro passi su una delle colline che circondano la baia e scattiamo qualche foto. Nella tarda mattinata ci dirigiamo verso il camper service di Fertilia.  Le operazioni di carico e scarico durano qualche ora. Approfittiamo della sosta per pranzare. Ripartiamo al termine del gran premio di Montecarlo e attraversiamo la Costa Paradiso. La strada e’ suggestiva: si snoda a mezza altezza per trenta chilometri. In basso, sulla destra, splende il mare mentre a sinistra le colline, a tratti scoscese, sono coperte di fiori. La composizione e la colorazione dei fiori cambia continuamente (credo a causa delle differenti esposizioni): si vedono colline di un bel verde chiaro, altre di verde intenso, alcune gialle e, in qualche altro caso, rossastre. Tutto sommato un tratto spettacolare.  Arriviamo a Bosa  verso le 18 e 

Bosa e il Temo, il suo maestoso fiume 
all’ingresso del paese troviamo un’auto dei vigili che ci scorta fino al parcheggio (un vasto spiazzo messo a disposizione da un ristoratore locale). Usciamo, facciamo quattro passi e alla fine ci troviamo, insieme ad altri compagni di viaggio, in una pizzeria/rosticceria. Passiamo un paio d’ore mangiando pizza e calamari fritti, bevendo birra e chiacchierando.  Al ritorno al campo viene allestita una piccola arena cinematografica. Si proiettano i filmati di alcune precedenti tour organizzati da Pino e Annamaria. L’operatore che ha girato il film (Enrico, presente anche in questo nostro viaggio) e’ bravissimo e la serata scorre via piacevolmente.  
24 maggio  

Ci svegliamo con calma, prendiamo le bici e pedaliamo per due chilometri, sino al centro di Bosa.  Visitiamo una chiesa e poi, un po’ pigiati, prendiamo posto su di un trenino turistico che ci fa fare il giro della città. Annamaria, forte della sua capacita’ negoziale, impone al gestore del trenino un prezzo di due euro a testa in luogo dei tre previsti dal tariffario. Il gestore accetta ma crediamo che si sia in qualche modo rifatto saltando la visita al castello. Tornati al camper allestiamo una tavolata insieme ad Adriano e Maria (una coppia proveniente da Valmadrera), Clemente e Mariateresa (di Biassono) ed altri compagni di viaggio. Mangiamo la nostra solita insalata alla quale seguono diverse 

Natale, Anna, Adriano e Maria

degustazioni di vino, grappa, limoncello, mirto e dolcetti.  Nel tardo pomeriggio ci troviamo in un bar sulla spiaggia (gestito dal proprietario dell’area su cui abbiamo parcheggiato) e facciamo uno spuntino (un improbabile hamburger con patatine e una bibita), quattro chiacchiere e una foto.  In serata ci rimettiamo in viaggio e poco dopo raggiungiamo la zona archeologica di Santa Sabina.  Dopo cena Pino ed Annamaria organizzano una festa, con luci, dolcetti, bibite e liquori. Si festeggiano cinque compagni di viaggio che compiono gli anni, si chiacchiera, si ascolta la musica, qualcuno balla e si passa la serata (riceviamo anche la visita di alcuni agenti di polizia, incuriositi dalle luci della festa).  

25 maggio 

Al mattino Annamaria e Pino organizzano una colazione collettiva, con distribuzioni di dolcetti e brioche. Alle 9,30 arriva una scolaresca delle scuole medie di Santa Sabina e i ragazzi, a turno, danno spiegazioni sulla chiesetta (romana, a pianta di croce greca, risalente al 1000 – 1100) e sul vicino complesso nuragico (nuraghe e pozzo nuragico) risalente al 1800 a.c.  Al termine della presentazione Pino e Annamaria  organizzano una piccola colazione per i ragazzi.  Ripartiamo nella tarda mattinata e ci fermiamo in un camper service nei pressi di Ghilarza. Come gia’ a Fertilia le operazione di carico e scarico durano un paio d’ore e ne approfittiamo per pranzare.  Nel primo pomeriggio si presenta una giovane guida che ci porta a fare una piccola visita del paese. Ci parla della chiesa (romano/pisana, risalente al 1200), di un torrione spagnolo, tozzo e basso, costruito dagli spagnoli nel 1600 e rimasto incompleto e di Antonio Gramsci, che a Ghilarza visse dai 7 ai 17 anni.   Ripartiamo verso le 16 e dopo circa un’ora ci troviamo a San Salvatore, un piccolo paese nei pressi di Tharros. Annamaria desidera mostrarcelo poiché il paese, composto esclusivamente da case basse, ricorda in qualche modo un ‘pueblo’ messicano e per questa somiglianza sembra sia stato utilizzato per girare alcuni film del filone ‘spaghetti western’.  Durante il giro visitiamo la chiesa del paese, nei cui sotterranei si cela, quasi intatto, un antichissimo tempio dedicato inizialmente al culto dell’acqua e in seguito, in eta’ romana, al culto di Marte e Venere. Sempre nel tempio sono presenti anche un pozzo e alcuni affreschi 

Santa Sabina - la chiesetta
Santa Sabina
San Salvatore - il tempio sotterraneo

dell’età romana. Richiamati dalle proteste di alcuni abitanti di San Salvatore torniamo in fretta ai camper (che di fatto hanno bloccato la strada di accesso al paese) e cerchiamo di andarcene con una certa sollecitudine.  Dopo pochi minuti di viaggio siamo a San Giovanni in Sinis, e ci sistemiamo in un grande spiazzo erboso.  San Giovanni in Sinis e’ (o meglio sarebbe) una splendida località balneare, con una spiaggia di sabbia fine e una pianura alle spalle. Purtroppo anche in questo luogo si ripete lo scenario già visto a  Capo Argentiera: abitazioni in perenne costruzione, opere urbanistiche incomplete e aree degradate. In peggio, rispetto a Capo Argentiera sono da segnalare le zanzare (da guinnes dei primati) e la totale mancanza di acqua. In serata Maria, una signora di Piombino che viaggia nel camper numero 6, inciampa in un arbusto, cade e si procura una ferita alla gamba sinistra.   

26 maggio

Ci troviamo di prima mattina per visitare le rovine di Tharros, antica città portuale, fondata dai fenici, conquistata dai punici, colonizzata dai romani (il cui impianto urbano e’ ancora chiaramente visibile) e successivamente abbandonata a favore della vicina Oristano. Visitiamo anche una torre seicentesca, costruita dagli spagnoli a  difesa del porto naturale.

Tharros
Sulla strada sterrata , verso Piscinas
 Nella tarda mattinata ci mettiamo in viaggio verso Piscinas. C’è qualche nube e, a tratti, piove. Ci fermiamo  a Oristano per fare gasolio e un po’ di spesa.  Nel pomeriggio attraversiamo la Costa  Verde, splendida, disabitata e colonizzata da arbusti di cisto, in questo momento fioriti.  Dopo una ventina di chilometri prendiamo una strada sterrata. Ci addentriamo nella vegetazione e, dopo trenta minuti, due guadi e una pista sabbiosa, ci troviamo nel parcheggio dell’esclusivo hotel ‘le dune’ di Piscinas. L’Hotel e’ stato ricavato riattando e abbellendo il magazzino di una vecchia miniera in disuso. Lo stile della costruzione ricorda 
una struttura industriale della seconda meta’ dell’ottocento. Ci troviamo in una zona isolata: a nord ci sono i 30 chilometri della costa verde, quasi disabitati, a sud ci sono almeno altrettanti chilometri assolutamente privi di strade mentre Arbus, il paese più vicino, si trova ad una decina di chilometri ad est.  All’imbrunire ci ritroviamo in albergo per un ‘aperitivo a buffet’ che ben presto prende i connotati di una cena in piedi. Poco dopo siamo tutti allegri, prendiamo alcune fiaccole e ci dirigiamo verso la spiaggia. Tentiamo senza successo di accendere un fuoco, qualcuno si bagna I piedi nel mare (acqua sempre fredda) e alla fine torniamo ai nostri camper.
27 maggio  

In mattinata Pino organizza una piccola escursione sulle dune di sabbia che circondano l’hotel. Si approfitta dell’occasione per raccogliere arbusti secchi, con l’obiettivo di accendere in serata un falò sulla spiaggia. Nel pomeriggio qualcuno fa un sonnellino,  qualcun’altro prende il sole (oggi il tempo e’ bello) e qualcun’altro ancora esplora la lunghissima spiaggia sabbiosa.  In serata, tutti vestiti di bianco, 

Piscinas - la cena in bianco

ci troviamo all’hotel per una cena a buffet.  Il buffet e’ vario e abbondante e l’occasione è buone per gustare alcuni raffinati piatti a base di pesce. Dopo cena tutti in spiaggia: si accende un bel falò, qualcuno racconta qualche barzelletta, si chiacchiera e si guardano le stelle (la serata e’ abbastanza limpida).

28 maggio 

Riprendiamo la marcia.   Dopo un tratto di strada sterrata, lungo la quale corrono i capannoni e le torri di una miniera abbandonata, raggiungiamo, nei pressi di Arbus, una strada asfaltata. Ci incamminiamo verso Porto Vesme, attraversando la zona mineraria del Sulcis e dell’Iglesiente.  Il panorama cambia mano a mano che ci avviciniamo a Iglesias: Non più colline fiorite, pascoli e caseifici ma rocce, sassi, zone verdi e, ogni tanto, tracce di cave e miniere abbandonate.  La strada attraversa una zona montuosa, con tratti in pendenza e molte curve. Viaggiamo piuttosto lentamente e dietro di noi si forma una coda di automezzi impazienti.  Ad un certo punto siamo costretti a rallentare per consentire ad un TIR di superare, un pezzetto per volta, l’intera colonna di camper. In questa occasione il CB e’ risultato fondamentale, sia per prendere contatto con l’autista del TIR che per agevolarne il sorpasso. A Porto Vesme

 pranziamo e subito dopo ci imbarchiamo sul traghetto ‘Sibilla’ per il trasferimento all’isola di San Pietro. Il traghetto e’ piccolo e può portare solo una parte dei camper. La traversata dura circa trenta minuti, la facciamo a turni e nel giro di un’ora siamo tutti a Carloforte, l’unica città dell’isola.  Ci sistemiamo ai margini della città, in un bel parcheggio fronte mare. Il comune ha attivato una piazzola di carico e scarico e tutti, a turno, ne approfittano.  Maria, la signora dell’equipaggio 6, che si era infortunata a San Giovanni In Sinis, si reca al pronto soccorso ove un medico le sistema la ferita (undici punti!) e le prescrive una cura di antibiotici.  Sistemate le questioni logistiche usciamo per visitare la città. Carloforte e’ una città di origini liguri. Il dialetto (che se non abbiamo 

capito male si chiama ‘tabarkino’) e’ un mix tra il dialetto ligure e la lingua araba. Gli abitanti di Carloforte sono giunti sull’isola nella meta’ del 1700, provenienti dalle coste nordafricane, ove erano stati deportati (dalla Liguria) un paio di secoli prima. La città è nota, oltre che per la pesca del tonno, anche per la lavorazione dei coralli, la produzione di filigrane d’oro e di gioielli in genere. Oggi e’ il primo giorno della manifestazione ‘giro tonno’ e lungo la via XX Settembre (una via che dal mare sale sino alla piazza principale della città, una specie di ‘rambla’ locale) sono piazzate alcune bancarelle che vendono prodotti tipici sardi e carlofortini. In una grande piazza a sud ovest della città (piazza Pegli), sono sistemati i banchi per la degustazione di specialità a base di tonno. La città e’ piena di turisti e bancarelle. Le signore del gruppo ne approfittano per fare acquisti in gioielleria. Vanno molto gli anellini  in filigrana d’oro e in corallo. Annamaria, la nostra organizzatrice, acquista e immediatamente indossa  una luminosa collana, formata da almeno quattro giri di perle. In serata, in una piazza sul mare, troviamo musica, esibizione di bellezze locali e cabaret.  

29 maggio

Giornata di sole. In mattinata e’ previsto un giro in battello intorno all’isola. Noi ci svegliamo tardi ma, con un po’ di affanno, riusciamo a non perdere il giro.  Il battello ci porta sino all’estremo sud dell’isola oltre la punta delle colonne, cosi’ chiamata per alcune colonne naturali che emergono dal mare in prossimità della costa. Poco più a ovest, a causa del vento e del mare agitato, il battello inverte la rotta e ci riporta a  Carloforte. Sulla via del ritorno 

la piazza di Carloforte
ci fermiamo in un piccolo golfo dove l’acqua e’ tranquilla e particolarmente trasparente. Acuni nostri coraggiosi compagni si tuffano e il personale del battello offre uno spuntino a base di gallette e aranciata.  A mezzogiorno siamo di nuovo ai camper. Nel pomeriggio facciamo nuovamente quattro passi in paese. Anna, per non essere da meno delle altre signore del gruppo, acquista un anellino da regalare ad una sua amica mentre dalle bancarelle allestite in via XX Settembre  acquistiamo un po’ di bottarga.   
La serata inizia con una visita alla manifestazione ‘tonno subito’ in piazza Pegli.  Con 15 euro assaggiamo di tutto: diversi tipi di trofie al pesto, alcuni piccolissimi gnocchetti al sugo, cous cous con verdure, tonno ai ferri e tonno in umido (ottimi entrambi), pecora stufata, fritto misto di pesce e gnocco fritto ripieno di formaggio.   Dopo cena, sempre sul palco allestito nella piazza sul mare, assistiamo ad un concerto organizzato da radio Italia che culmina con l’esibizione di una cantante locale nota anche a livello nazionale.  

30 maggio

Di primo mattino Pino e Annamaria, sempre attivi, allestiscono un banchetto e offrono la colazione a tutti. Subito dopo ci dividiamo (alcuni vanno al mercato, per poi scoprire che non esiste) altri, noi compresi, fanno una passeggiata in bicicletta intorno alle saline dell’isola. Alle saline ammiriamo il volo di alcuni fenicotteri che mostrano, sotto le ali, un piumaggio rosa. Incontriamo anche due ‘cavalieri d’Italia’, per la verità un po’ scorbutici e chiassosi.  Torniamo ai camper e poiché mancano ancora un paio d’ore all’imbarco, facciamo di nuovo un giro per il paese. Anna ne approfitta per acquistare un paio di scarpe ed una borsetta di paglia mentre Natale legge un articolo, su ‘la nuova Sardegna’ che parla di noi e della

 nostra presenza a Carloforte. Torniamo ai camper e poco dopo iniziano le operazioni di imbarco.  Sempre a causa della scarsa capienza dei traghetti il ritorno a Portovesme viene fatto a tappe. Giuliano un nostro compagno di viaggio resta a Carloforte in cerca del suo gatto, sparito la notte precedente.  Una volta ritornati sull’isola madre puntiamo verso nord e ci inoltriamo all’interno. Dopo un paio d’ore di viaggio arriviamo a Barumini ove e’ stato riportato alla luce un imponete complesso nuragico. Visitiamo la zona archeologica e l’interno di una arcaica piazzaforte composta da un gigantesco nuraghe centrale e da quattro nuraghi esterni, piazzati come torri a difesa del nuraghe centrale. Da Barumini si vede l’altopiano della Jara e la caratteristica Marmilla, una montagna conica che, ci e’ stato poi spiegato non è nè un antico vulcano nè una zona archeologica. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Tuili, cittadina a due chilometri da Barumini che, per l’occasione, ha predisposto un’area attrezzata, che immediatamente inauguriamo.  In serata ci troviamo nell’unica pizzeria del paese. La pizzeria è piccola e ci sistemiamo all’aperto. Il pizzaiolo, probabilmente non abituato ad un simile affollamento (una sessantina di persone), va in crisi e la pizza, peraltro ottima, arriva con un certo  ritardo. Ma siamo in vacanza, la serata è bella e l’evidente

 difficoltà del pizzaiolo resta nei limiti di qualche scherzosa battuta. Dopo cena Pino organizza la proiezione di un film, ma siamo stanchi e preferiamo ritirarci.

31 maggio

In mattinata un autobus ci porta sull’altopiano della Jara, a quattro o cinque chilometri da Tuili. Si tratta di un’oasi faunistica di 48 km quadrati nella quale vivono e prosperano circa seicento cavalli selvaggi. La nostra guida, Roberto, ce li mostra e insieme ai cavalli vediamo anche una certa varietà di maiali. Ci mostra anche alcuni cespugli e 

la marmilla

finalmente riusciamo a cogliere differenze tra il cisto, il mirto e il corbezzolo. Camminiamo un po’ all’interno del parco, arriviamo ad alcuni rifugi di pastori (ricostruiti per i turisti) e, poco più avanti, ad una zona umida formata essenzialmente da acqua piovana che si è depositata in una piccola depressione dal fondo impermeabile. l laghetto, per la verità non molto grande, ha una profondità massima di 1,5 metri.  

il rifugio dei pastori
Le zone meno profonde sono colonizzate da piantine di ranuncolo e contrariamente a quanto ci saremmo aspettati, ai bordi non crescono canne di alcun tipo Verso mezzogiorno torniamo all’ingresso dell’oasi ove la moglie di Roberto ha allestito, con alcune donne del paese, una colazione all’aperto: vermentino come aperitivo, gnocchetti sardi, un piatto freddo di salumi e formaggi sottaceti e sottoli locali, dolcetti, mirto e caffè. Una bella colazione, allietata dall’arrivo di Giuliano che ha finalmente ritrovato il suo gatto.  Torniamo in bus a Tuili (una coppia di Bolzano decide di scendere a piedi, di corsa) e visitiamo la chiesa di San Pietro, all’interno della quale e’ presente un gruppo marmoreo apparentemente pregevole, un organo del XV secolo  e il ‘retablo del maestro di Castelsardo’ che Roberto annovera tra i capolavori del 500 in Sardegna. Si tratta di una gigantesca composizione pittorica, formata da una serie di pannelli di legno sui quali sono dipinte immagini sacre.  All’uscita dalla chiesa assistiamo all’esibizione di un gruppo folcloristico locale che ci propone musiche e balli tradizionali sardi. Costumi splendidi e balli, tutto 
sommato, un pò noiosi.  In serata Alfonso, un compagno di viaggio romano, prepara pasta all’amatriciana per tutto il gruppo.   Ciascuno porta qualcosa (il famoso ‘porta party’ di Pino) e alla fina ci troviamo ad aver assaggiato parecchi vini, parecchi dolci e parecchi liquori.  Dopo cena l’instancabile Pino allestisce la proiezione di un paio di documentari sulla Birmania, girati da Enrico, il cineoperatore nostro compagno di viaggio.  

1 giugno  

Giornata di trasferimento. Da Tuili situata nella zona sud della sardegna, ci trasferiamo a Santa Maria Navarrese, situata sulla costa nord orientale.  Passiamo all’interno attraversando i monti dell’Ogliastra. Viaggiamo a circa 1000 metri 

il 'retablo' del maestro di Castelsardo
Perda Liana

di altezza su strade molto strette. Su di un tratto di strada particolarmente stretto veniamo scortati da un’auto dei carabinieri.  Verso mezzo giorno ci fermiamo in una sella a Perda Liana. Fa freddo e c’è un pò di vento ma nonostante ciò Romano, un altro compagno di viaggio, tira fuori un pentolone e prepara spaghetti per tutti. Un pastore porta del pane, del formaggio e della ricotta fresca, tutti portano qualcosa e poco dopo, come già in passato,

 siamo tutti contenti. Nel pomeriggio il pastore torna con altro formaggio. Il prezzo e’ assolutamente ragionevole e acquistiamo una forma di formaggio di capra di circa tre chili. Nel tardo pomeriggio riprendiamo il viaggio e, in meno di un’ora siamo ad Arbatx e a Santa Maria Navarrese.  Ci sistemiamo in uno splendida e spaziosa area attrezzata.  

2 giugno  

Ci svegliamo all’alba , prepariamo lo zaino e raggiungiamo in pulmino la stazione di Arbatax. Arriva un trenino composto da una motrice diesel piuttosto datata e da un vagone il legno del 1913 (tolto, per l’occasione, dal museo delle ferrovie della Sardegna). Ci accompagnano due fotografi con il compito di fare un servizio per un non meglio precisato giornale. Il trenino sale, lentamente e tra grandiosi scenari, sino oltre i 1000 metri. Dopo un paio d’ore arriviamo al punto di ristoro ‘Su Ponti e Irtzioni’ nei pressi dell’oasi naturalistica di Montarbu. Scendiamo dal treno con  l’idea di fare un’escursione nel parco ma, vista l’ora ripieghiamo su di una passeggiata di circa 90 minuti, lungo un ruscello e sino ad alcune grotte e cascate. Al ritorno ci mettiamo a tavola per un pranzo tipico sardo: antipasto a base di olive, salame e

prosciutto, gnocchetti al pomodoro (mallureddu) e alcuni strani ravioli (i culingiones) piuttosto grossi e ripieni di un impasto di formaggio, patate e menta; seguono porcellino allo spiedo e agnello al forno, un particolare formaggio a base di latte di capra, molle e acido; dolcetti, caffè e grappa, quest’ultima in quantità industriale. Da notare il vino, orgoglio del ristoratore, dal sapore aspro e amaro.  Nel pomeriggio il trenino torna a prenderci e in serata siamo nuovamente alla base.  

3 giugno

In mattinata, dopo colazione, ci incamminiamo verso il porticciolo ove una motonave dal pomposo nome ‘aquila d’oro’ ci aspetta per farci fare un giro della costa. Ci dirigiamo verso nord e ammiriamo, dal mare, la costa di questa parte della Sardegna. Si tratta di una costa rocciosa con pareti a picco intercalate da spiagge, raggiungibili solo dal mare e già popolate da turisti. Nella costa rocciosa, abitata da gabbiani e cormorani, si aprono numerose caverne, una delle quali e’ stata visitata da alcuni nostri compagni di 

viaggio. Arriviamo alla spiaggia di Cala Luna (nei pressi di Orosei) ove sbarchiamo per una sosta di circa un’ora. Ne approfittiamo per fare colazione (ci siamo portati alcuni panini) e per prendere un pò di sole. Dopo un’oretta la motonave ci riprende e si dirige verso sud. Sbarchiamo sulla spiaggia di Cala Sisine. Raggiungiamo a piedi un bar (qualche centinaio di metri all’interno) per un caffe’ e un amaro. La giornata sembra bella e ci stendiamo a prendere 
un po’ di sole. Proviamo l’acqua ma e’ ancora troppo fredda.  Verso le 16 la motonave viene a riprenderci. Ci imbarchiamo e ci dirigiamo verso sud, inseguiti da un temporale. Facciamo appena in tempo a sbarcare che comincia a piovere, si alza il vento ed il mare si ingrossa. Torniamo al camper bagnati fradici. Facciamo la doccia, puliamo il camper e prepariamo la cena. Poco dopo ci accorgiamo che i nostri compagni, fiduciosi nel bel tempo, stanno preparando i tavolini ed il pentolone per una pasta di gruppo. In effetti torna il sereno e la festa si preannuncia simpatica. Partecipiamo solo alla fase finale, quando Carla, (una amica di Pino e Annamaria) distribuisce ciambelle fritte. Anna trova una monetina nella sua ciambella (Carla ha messo, a caso, due monetine in due diverse ciambelle), viene dichiarata ‘fortunata’ e come premio partecipa alla pulizia del pentolone in cui e’ stata cotta la pasta.  
4 giugno  

Ci svegliamo abbastanza presto e prendiamo le bici con l’intento di raggiungere Arbatax. Dopo qualche chilometro Anna rinuncia mentre io proseguo sino alla zona industriale del paese. Torniamo al camper e dopo pranzo andiamo in spiaggia per prendere un pò di sole. Dalla spiaggia si vedono le ‘isole dell’Ogliastra’ abitate solo da gabbiani e formate da una particolare varietà di granito che, al tramonto, assume un bel colore rossastro. A meta’ pomeriggio ci rimettiamo in marcia e in poco più di trenta minuti saliamo a Genna Silana, una zona montana a circa 1000 metri di altezza. Durante il tragitto passiamo da Baunei, un paese abbarbicato ad una montagna. Il vigile urbano del paese ci viene incontro, ci blocca per fare passare alcune corriere e quindi ci scorta attraverso il paese, caratterizzato da un’unica strada molto stretta, con macchine parcheggiate a caso e traffico impossibile. Genna Silana e’ uno spiazzo in cima a una montagna. Il tempo volge al bello, esce il sole e ci prepariamo ad una cena conviviale (pasta per tutti e ‘porta party’).  Romano prepara un pentolone  di spaghetti, Annamaria distribuisce un aperitivo composto da spumante, succo d’arancia e frutta varia, tutti portano salumi, formaggi  vino e dolcetti. La coppia di Bolzano offre bicchierini di mirto e alla fine, dopo diversi assaggi di liquori e svariate degustazioni di vino 

Genna Silana

siamo, come al solito, tutti contenti. n serata accendiamo un falò e qualcuno balla. Un pastore si unisce alla compagnia, invita alcune signore a ballare  e fa qualche avances. Il fatto scatena una certa ilarità (probabilmente la più giovane delle signore ha superato la cinquantina) e il pastore diventa l’attrazione della serata.  Sempre durante la festa Pino accende un bengala rosso in mezzo ai camper. Il colore vivo e il fumo fanno pensare ad un incendio. Corriamo ai camper e troviamo Pino che se la ride del nostro spavento. 

5 giugno  

Pino prepara la colazione per tutti (caffè, cioccolata, te’ e dolcetti) e subito dopo il gruppo sciama verso alcuni caseifici della zona. Nel pomeriggio ci si mette in marcia per raggiungere Orgosolo. Approfittando del bel tempo e di un certo anticipo si opta per visitare la fonte del Gologone, una sorgente carsica sulla strada per Orgosolo. Una sorgente carsica e’ un fiume sotterraneo che sgorga da una caverna e, in questo caso, forma un laghetto paludoso.  La visita alla fonte segna un momento di rara sfortuna per Giuliano il nostro compagno di viaggio che guida il camper numero 17. Come sappiamo si era già dovuto fermare a Carloforte ad aspettare il suo gatto in libera uscita. Oggi, durante la visita alla sorgente, la moglie scivola e cade nel laghetto. Quando e’ pronto a partire il gatto gli si infila sotto il cofano, in una posizione non facilmente raggiungibile e comunque tale da sconsigliare l’avvio del motore. La carovana parte comunque, con l’idea di ritrovare Giuliano ad Orgosolo. Durante il viaggio Annamaria ci informa, tra le malcelate risate di Pino e Carla, che Giuliano e’ riuscito a recuperare il gatto ma che, in compenso, ha bucato una gomma. Quando finalmente si ricongiunge al gruppo notiamo che ha capovolto, per scaramanzia, il numero 17 che contrassegna il suo camper. In serata giungiamo ad Orgosolo. Ci accoglie l’assessore al turismo che ci pilota in uno spiazzo sopra la città, nei pressi di un boschetto ove alcuni finti pastori hanno approntato una cena tipica. Ci sediamo su alcuni massi e ci viene fornito un bicchiere d’argilla e un tagliere di legno, leggermente scavato al centro. Il nostro pranzo tipico ruota intorno al bicchiere, che sembra riempirsi automaticamente e il tagliere, in cui vengono deposti i cibi che mangiamo con le mani. La cena e’ eccezionale. Nella suggestiva cornice del bosco i sedicenti pastori servono cibi, vini, dolci e liquori di rara qualità. Oltre ai salumi e alla ricotta serviti come antipasto si sono distinti un porcellino allo spiedo cotto a puntino e una pecora bollita con patate e cipolle, dal sapore incredibilmente delicato (si e’ poi saputo che la preparazione e’ stata piuttosto laboriosa: la pecora e’ stata tenuta per 24 ore immersa nelle acque di un torrente al fine di eliminare il sapore di selvatico e quindi cotta in acqua salata continuamente schiumata, per evitare alterazioni del sapore della carne operate dal grasso rilasciato nella cottura). 

un sasso dipinto, sulla strada per Orgosolo
 Dopo cena  I presunti pastori intonano alcune canzoni sarde, incomprensibili nel linguaggio ma dal sound affascinante (ottenuto senza strumenti).  Poco dopo l’assessore ci accompagna al campo sportivo ove ci sistemiamo per la notte. Verso mezzanotte l’equipaggio del camper numero 5 sente dei sassi cadere sul tetto del camper.  Ci svegliamo tutti, arriva anche una macchina della polizia. Decidiamo di spostarci al centro del campo lontano dai bordi dai quali, forse qualche ragazzino, aveva giocato al tiro al bersaglio.  Per sicurezza la macchina della polizia resta nei paraggi per tutta la notte. 

6 giugno

L’instancabile assessore ci accompagna in una vista alla città, nota, oltre che per gli antichi fatti  criminali, anche per i suoi murales di protesta sociale. La città e’ piena di ragazzini giunti dai paesi della zona, che si riuniscono in una processione per una qualche ricorrenza religiosa. Visitando la città notiamo, per la prima volta da quando siamo in Sardegna, alcune donne in costume tradizionale. In realtà Orgosolo, per la sua posizione geografica e’ al di fuori di ogni via di comunicazione (ad Orgosolo non si passa per caso) ed è evidente che, in assenza di spinte esterne, le tradizioni 

Orgosolo - la processione
la sosta alla 'caletta'
resistono più a lungo che nel resto della Sardegna. Nella tarda mattinata salutiamo l’assessore e ci avviamo verso Olbia.  Ci fermiamo per qualche ora a ‘La Caletta’, una cittadina balneare a qualche chilometro da Olbia. Ne approfittiamo per fare colazione e per ammirare, ancora una volta, il mare, la spiaggia e gli uccelli marini.  Riprendiamo il viaggio e ci fermiamo nel

 parcheggio di un supermercato, nei pressi del porto di imbarco. Entriamo nel super e ci riempiamo di bottiglie di mirto, di dolcetti sardi e di prodotti dell’artigianato locale. Alle sei siamo sulle banchine, ci imbarchiamo e ci sistemiamo, nuovamente, sul ponte superiore, con i vantaggi già sperimentati nel viaggio di andata. Dopo cena ci troviamo nel bar del traghetto, ove ci salutiamo con un goccio di spumante.  

7 giugno

 Arriviamo a Livorno in perfetto orario. Sbarchiamo velocemente, ci salutiamo nuovamente tramite CB e ci dirigiamo verso nord. Non c’è traffico e in poco più di tre ore siamo a casa. Riprendiamo la solita vita.  

Home         Indietro