Turchia - 22 maggio 2 luglio 2007  -  6917 km  

Guarda i filmati del viaggio!. Durano solo pochi minuti e rendono piu' interessante la lettura del diario. Ti basta cliccare sulla locandina per farli partire

5 minuti a Instambul

5 minuti nel nord della Turchia

5 minuti in Asia Minore

5 minutinelle zone archeologiche della Turchia

5 minuti tra gli ittiti

5 minuti in Cappadocia
     Diario

ll viaggio e’ stato organizzato da Pino ed Annamaria Santacroce dell’Acicamper di Livorno. E’ un viaggio lungo (40 giorni) ed importante, durante il quale visiteremo gran parte dei siti turistici ed archeologici della Turchia. Anna, come gia’ fatto per il viaggio in Russia dello scorso anno, ha deciso di non accompagnarmi.

 

Ancona: le operazioni di registrazione

22 maggio

L’appuntamento e’ per l’indomani ad Ancona. Parto al mattino, non trovo traffico e sono ad Ancona nel primo pomeriggio. Il parcheggio e’ in collina, piuttosto distante dal centro.  E’ presto e ne approfitto per scendere in citta’ alla ricerca di un ricambista  da quale acquistare un po’ di grasso per macchine, da usare per rendere piu’ scorrevole il filo dell’acceleratore e le guide delle finestre a compasso.  

23 maggio

A poco a poco arrivano gli altri compagni di viaggio. Nella tarda mattinata vengono distribuiti i contrassegni (sono il numero 15 di una carovana di 19 camper). Verso mezzo giorno arrivano, a sorpresa, Stefania e Silverio. Non parteciperanno al viaggio ma hanno deciso di venire a trovare i vecchi amici di viaggio. Stefania, generosa come sempre, ha organizzato un pranzo per una quindicina di persone. Apriamo i tavolini, mettiamo il pentolone sul fuoco e nel giro di pochi minuti siamo a tavola, intenti a gustare le prelibatezze di Stefania (alici marinate, tagliolini al pesce  e merluzzo

Ancona: Stefania (camicetta verde) visita i vecchi amici
 con patate). Dopo pranzo, dopo aver salutato e ringraziato Silverio e Stefania, ci avviamo verso il porto. Ci imbarchiamo a meta’ pomeriggio. Il traghetto (europa palace) della Minoan Lines e’ piuttosto grande ed e’ pieno di mezzi pesanti. Vediamo anche molte vetture, camioncini e roulottes con targhe tedesche a tempo. Sembrano mezzi usati, trasportati nei balcani (o in Turchia) per la vendita.  

 

24 maggio

Al mattino siamo ad Igoumenitza. Sbarchiamo e, attraverso una scorrevole strada montana, arriviamo a Ioannina, la superiamo e poco dopo ci fermiamo in uno spiazzo in collina, con vista sul lago Pamvotida. Riprendiamo la marcia e proseguiamo sulla strada montana che si arrampica sino al passo di Katara (1700 metri) e poi scende sino a Kalambaka, cittadina situata nel cuore della Grecia, ai piedi delle meteore. Il paesaggio e’  simile al nostro: boschi di latifoglie sino ai 1000 metri e quindi pascoli montani, arbusti e cespugli di ginepro. Vista l’altezza la primavera e’ un po’ in ritardo; il tempo e’ nuvoloso, pioviggina e, tutto sommato, si viaggia abbastanza bene.  

un'edicola, immagine frequente sulle strade turche
Kalambala, paesaggio dei monti delle meteore
 
kalambaka ci sistemiamo in un dignitoso campeggio. Durante le manovere Guido, il compagno di viaggio che guida il camper numero 13, scardina il portellone di destra del gavone.  Il danno sembra grave ma Cesar ed Enzo, con un paio di ore di lavoro, sistemano il danno in modo da poter tranquillamente continuare il viaggio (in realta’ hanno fatto un buon lavoro: il portellone funziona perfettamente e, una volta chiuso, non sembra nemmeno danneggiato).  Dopo cena mi trovo con Piero e Maria per dare un’occhiata al loro programma di editing dei film. Credevo che volessero spiegazioni generali sul funzionamento ma Maria si e’ mostrata estremamente preparata. Voleva solo alcune delucidazioni sulle modalita’ di costruzione dei menu dei DVD. Un argomento abbastanza complicato, specifico di ogni programma di editing e sul quale non ero preparato.  

25 maggio

Ci sistemiamo su di un autobus che, non senza qualche problema, ci porta sino ai piedi della meteora maggiore,  un monastero ortodosso situato su di uno spuntone di roccia. Saliamo attraverso una scalinata (per la verita’ non troppo lunga e non troppo ripida e ci troviamo nel cuore del monastero. Il monastero e’ ancora attivo, anche se ormai l’intero complesso e’ diventato un’attrazione turistica. La cittadella offre, come nella maggior parte dei monasteri una serie di  aree dedicate alle attivita’ quotidiane: la falegmaeria, il refettorio, la cucina, la cisterna dell’acqua, il granaio e la cappella. Particolare di questo monastero un vano detto “ossario” nel quale sono conservate le ossa ed i teschi di centinai di monaci che lo hanno abitato. Nel pomeriggio riprendiamo la marcia verso est, verso il mare. Scendiamo sino a Trikala e poi giriamo a sinistra sino a Larissa. 

kalambaka, la grande meteora
la base ad Orfani
Riprendiamo la strada verso nord est, passiamo a destra del monte olimpo (oggi corrucciato e coperto di nuvole)  e nel giro di un paio d’ore siamo nei presi di Salonicco (Tessaloniki). Non entriamo in citta’ ma la superiamo con una comoda e lunga tangenziale. Proseguiamo verso est, tagliamo la penisola calcidica passando sopra i laghi koronia e Volvi e finalmente rivediamo il mare. Corriamo lungo l’autostrada alla ricerca di un’uscita e finalmento arriviamo ad Orfani, una cittadina balneare. Parcheggiamo lungo il mare ed alla sera Cesare e la moglie preparano penne al pesto per tutti (in questo viaggio ogni coppia si e’ impegnata a preparare una spaghettata per tutti, una cosa simpatica che mi ha consentito di passare quasi sempre le serate in compagnia). Dopo cena faccio quattro passi tra le luci della cittadina, invasa da villeggianti indigeni.  

26 maggio   

Mattinata libera. Ne approfitto per visitare il paese. Percorro l’unica lunghissima strada (almeno tre km) alla ricerca di un negozia di frutta e verdura, con l’idea di acquistare un po’ di insalata.  Fatica sprecata: qui’ non sembrano esistere negozi di frutta e verdura ma solo minimarket che vendono di tutto, anche ortaggi ma limitatamente a patate, peperoni, cocomeri e pomodori. Ritorno lungo il mare. La spoiaggia e’ composta da sassolini piccolissimi che non si compattano e non ofrono alcuna resistenza. Cosi’ ogni passo diventa un problema, con il piede che sprofonda sino alla caviglia. Trovo un ragionevole compromesso percorrendo la zona al limite tra il mare ed il secco, che sembra essere leggermente piu’ compatta. Tornato alla base decido che e’ giunto il momento di fare un bagno. L’acqua ha una

Grecia: un'edicola
temperatura accettabile (meglio dello scorso anno sul baltico) ma il fondo e’ letteralmente coperto da cozze e ricci di mare. Diego trova un po’ di lumache di mare e le cucina subito, preparando un sugo per la pasta. Nel pomeriggio riprendiamo la marcia e continuiamo ad andare verso est, sino ad arrivare a  pochi Km dalla frontiera turca. Il paesaggio cambia leggermente. Le colline sono dolci, coperte di vegetazione (arbusti, latifoglie e pascoli). Vediamo anche alcune cicogne che lentemente sorvolano la carovana. Pernottiamo a Feres, in un parcheggio a fianco di un campo di calcio.  Ceno con Enrico ed Anna. Diego ci fa assaggiare i suoi spaghetti alle lumache di mare (non male) e dopo cena raggiungiamo il gruppo. Siamo tutti abbastanza rilassati: abbiamo rispettato la tabella di marcia che prevedeva il raggiungimento della frontiera entro la serata di oggi.  

27 maggio

Ci svegliamo prestissimo ed alle 6,30 siamo gia’ in marcia. L’idea e’ quella di arrivare presto alla frontiera in modo 

Belma, la nostra guida
da battere sul tempo il normale traffico quotidiano nel disbrigo delle pratiche. Troviamo Belma, la nostra guida. Una ragazza turca sulla quarantina che parla un discreto italiano e che ci accompagnera’ nei prossimi 30 giorni. La ragazza e’ piccola e carina. E’ intelligente, spiritosa e curata nell’aspetto. Belma mi anticipa 50 lire (poco piu’ di 25 euro) per le prime spese  Nel giro di un paio d’ore superiamo la frontiera e corriamo verso Istanbul. Raggiungiamo il mar di marmara e ci fermiamo lungo la spiaggia per il pranzo. Nel pomeriggio raggiungiamo la citta’. E’ domenica pomeriggio ma il traffico e’ comunque elevato (sotto questo aspetto Instanbul si rivelera’ una citta’ invivibile). Riusciamo comunque a raggiungere il parcheggio di un impianto sportivo ed a sistemarci. Istanbul e’ priva di campeggi ma la sistemazione che ci e’ stata offerta dal comune e’ comunque dignitosa.
 Abbiamo la possibilta’ di rifornirci di acqua, di allacciarci alla corrente elettrica e di scaricare le acque nere e grigie. Siamo nel quartiere besiktas, in una zona priva di abitazioni, in una via chiusa in mezzo ad impianto sportivi e pertanto possiamo aprire i nostri tavolini, proiettare i nostri film e chiacchierare senza il timore di disturbare qualcuno.   Dopo cena ci imbarchiamo su di un bus che ci porta a spasso per la citta’. Vediamo Istanbul by nigth, con il ponte sul bosforo illuminato, la moschea blu, Santa Sofia e le vie commerciali piene di luce e di persone. Per l’occasione assaggiamo un Kebab preparato in una bottega che ci ha indicato Belma (squisito).  
Istanbul, la nostra base in citta'

28 maggio

Partiamo alle 8 per la visita “lunga” alla citta’. Visitiamo dapprima la “penisola”, una lingua di terra compresa tra il bosforo ed il corno d’oro (il corno d’oro e’ un tratto di mare abbastanza lungo che si incunea nella sponda 

Istanbul, la colonna serpentina
occidentale della citta). Cominciamo dalla zona dell’ippodoromo romano, una zona verde accanto alla moschea blu. Nella zona verde sorgono due  obelischi (uno egizio ed uno romano) ed una bizzarra colonna che avrebbe dovuto raffigurare tre serpenti attorcigliati a spirale. La guida ci spiega che la colonna fu a suo tempo costruita fondendo il bronzo delle armi catturate ai nemici nel corso di un’antica battaglia. La colonna ornava, un tempo, il tempio di apollo a Delfo. Visitiamo quindi la moschea blu, un imponente edificio il cui interno e’ coperto da ceramiche colorate e da grandi vedrate che diffonodno una luce azzurra. L’atmosfera e’ abbastanza mistica, anche se l’interno e’ abbastanza spoglio e, tutto sommato privo di opere degne di nota. Superiamo, senza visitarla, la basilica di Santa Sofia ed iniziamo un’estenuante visita all’antico palazzo dei sultani (Topkapi) che, nell’organizzazione degli spazi, ricorda un po’ quello della citta’ proibita di Pechino. Visitiamo quindi i tesori della
reggia, monili d’oro e d’argento e pietre preziose, compreso il famoso diamante da 86 carati e le cucine (enormi, poiche’ dovevano ogni giorno sfamare piu’ di 5000 persone!). Verso le quattro ci troviamo nel gran bazar, un mercato coperto, apparentemente ben ordinato e che sembra vivere esclusivamente per i turisti. Molte le botteghe orafe, di spezie, di tessuti e di pacottiglia varia. Il mercato e’ enorme, all’inizio sembra un normale centro commerciale, con bei negozi e discreta mercanzia, poi basta prendere una via laterale per trovarsi tutto ad un tratto in un suk, con bancarelle che vendono di tutto, compresi prodotti usati e, a mio avviso, inservibili. Perdersi e’ un attimo ed io non faccio eccezione. Per fortuna la guida ci aveva messo in guardia e ci aveva scritto, su di un foglietto il nome della porta principale, in modo da poterlo all’occorrenza mostrare ed avere le indicazioni necessarie per ritrovare la via.  Ad un certo punto mi sento piuttosto stanco e decido di sedermi in uno degli innumerevoli bar.
Istanbul, gran bazaar
Istanbul, la moschea blu
Istanbul, topkapi
Istanbul, navi sul bosforo

Sedie piccole (non piu’ alte di 20 cm e tavolini in scala). Vedo che tutti i locali bevono qualcosa da un bicchierino di vetro. Ordino anchio la stessa bevanda e mi portano un te. Bollente, scuro, forte ed amaro. Ho assaggiato il Cai (si legge ciai), il famoso te’ turco. 

29 maggio

Oggi ci dedichiamo al corno d’oro (il tratto di mare che si incunea nella zona occidentale) ed al palazzo del Dolmabache, la reggia dei sultani, costruito nella seconda meta’ dell’ottocento in sostituzione del topkapi. Quando fu costruito l’impero era in piena decadenza ed i sultani decisero un’opera sbagliata nel momento sbagliato, l’opera 

Istanbul, il dolmabahce
dal costo assurdo, prosciugo’ le casse dello stato e privo’ di risorse un paese che invece ne avrebbe avuto bisogno per sostenere le nascenti industrie manifatturiere. Fu un errore fatale e nel giro di una cinquantina di anni, aiutati anche da una guerra condotta dalla parte sbagliata, i sultani furono spazzati via dai repubblicani. Il Dolmabache fu costruito su di un terreno ottenuto riempiendo di terra una baia (gia’ a meta’ 800 Istanbul aveva problemi di spazio) e nella costuzione furono adottati particolari accorgimenti antisismici.  Fu costruito bene, tanto che oggi, pur trasformato in un museo, e’ ancora splendente. L’esterno e’ barocco (a quei tempi piuttosto di moda e  comunque “occidentale”) mentre l’interno e’ dichiaratamente turco. Il palazzo non offre molte particolarita’ (vi si trovano tutti i simboli presenti negli altri palazzi reali: scaloni, camere enormi, tendaggi e decorazioni di vario tipo). Uniche note particolari sono il bagno con la turca, tutta in marmo, dotata di 

sciacquone e la separazione degli spazi dedicati alle donne da quelli dedicati agli uomini.  Dopo la visita al palazzo attraversiamo il corno d’oro e torniamo nella penisola. Visitiamo la cisterna costruita dai bizantini nel 500 d.c. Nella costruzione furono utilizzate 336 colonne recuperate un po’ dovunque nell’impero. L’ambiente e’ particolare. Se non fosse per un leggero velo d’acqua che copre il pavimento si potrebbe pensare ad una basilica sotterranea, enorme, buia e spoglia. Tra colonne, capitelli e lastroni di marmo spiccano un paio di cippi su cui e’ rappresentata medusa ed una colonna finemente lavorata. Nel pomeriggio visitiamo Santa Sofia, la chiesa greco ortodossa costruita anch’essa nel 500 d.c. l’ambiente e’ enorme (e’ rimasta per secoli l’edificio piu’ grande della citta’) ed abbastanza spoglio. Sono stati recuperati alcuni mosaici ma sembra che molti altri siano coperti da uno 

Istanbul, santa sofia
strato di gesso, fatto applicare da uno dei primi sultani dell’impero ottomano. All’interno della  basilica e’ presente una enorme impalcatura, montata forse per il restauro della cupola.  Nel complesso un edificio imponente, abbastanza ben conservato ma che risente dell’incuria degli ultimi secoli.  In serata grande festa alla base. Qualcuno ha preparato uno squisito risotto ai carciofi mentre Guido, un compagno di viaggio di Ferrara diffonde, da un PC, musiche ballabili.   

30 maggio

 

Istanbul, cena alla base
Giornata di sole. In mattinata visitiamo la zona nei pressi del ponte di Galata (il ponte sul corno d’oro formato da due piani: la parte alta e’ riservata al traffico mentre la parte bassa e’ una zona commerciale, con botteghe, ristoranti e caffe’). Visitiamo il mercato delle spezie, tutto sommato poco interessante, poi ci dividiamo. Io attraverso il ponte, raggiungo la torre di Galata (una torre non altissima che sorge nel mezzo della citta’) e salgo per  godermi il panorama.  Dall’alto si vede tutta la citta’. Il corno d’oro, arricchito da una enorme fontana, e’ sorvolato da alcuni aerei compiono esercizi acrobatici. Il bosforo e’ come sempre intasato di navi e dalla citta’ giunge un brusio continuo, segno di un traffico caotico e di operosita’. Sulla via del ritorno trovo, nella zona del basamento del ponte, Pino, Annamaria ed altri amici intenti a divorare un panino imbottito con un pesce fritto opportunamente deliscato. Mi unisco al gruppo. Non so se si tratta di una specialita’ locale o di fame accumulata nella camminata mattutina, ma il panino al pesce, farcito con pomodori, cipolla e insalata, accompagnato da una, turk cola, (la coca cola turca) risulta particolarmente gradevole. Dopo pranzo torniamo alla base e ci riposiamo in vista  
Istanbul, crociera sul bosforo
Istanbul, crociera sul bosforo
della serata sul bosforo.  Verso le 16 siamo tutti pronti, vestiti di bianco per  una minicrociera sul bosforo. Raggiungiamo il porto turistico, (nelle vicinanze del ponte di Galata, e ci imbarchiamo su di una motonave che lentamente percorre  tutto il bosforo da sud a nord. Passiamo sotto i famosi ponti sospesi, che uniscono l’Europa all’Asia e ci dirigiamo verso il mar Nero.  A bordo un’orchestrina diffonde musiche occidentali, alcuni camerieri servono aperitivi e l’atmosfera e’ piuttosto rilassata. Istanbul e’ una citta’ enorma (oltre 15 mln di abitanti) e le rive del bosforo sono  per decine di km, delimitate da case con imbarcadero privato (una cosa da super ricchi, considerandoi i prezzi degli immobili in citta’). All’imbrunire  ci sistemiamo su dei tavoli imbanditi e gustiamo una cena turca, a base di verdure cotte in svariati modi, formaggi, carni alla griglia e dolci al miele.  Dopo cena, sulla via del ritorno, ci godiamo la citta’ illuminata, vista da una posizione inusuale.  

31 maggio

Mattinata libera. Seguendo le indicazioni di Belma mi avventuro in citta’. Prendo la metropolitana, poi un tram e mi ritrovo, dopo un’ora di viaggio, nella zona del ponte di Galata. Visito nuovamente il mercato delle spezie e mi soffermo sulle bancarelle esterne al mercato. Si trova di tutto, verdue, formaggi, pesce fresco, ferramenta, prodotti tessili e animali vivi. Torno in camper verso le 13 e dopo colazione e un riposino ci mettiamo in moto. Lasciamo Istanbul, superiamo, con un po’ di emozione, il ponte sul bosforo (non il primo ma il secondo, situato qualche km a nord del primo) e nel giro di pochi minuti ci troviamo in Asia.  Corriamo lungo un’autostrada tortuosa, con salite ripide e discese difficili. Dopo una cinquantina di km siamo Sile (si legge Scile), una cittadine balneare sul mar Nero.  Ci sistemiamo in un campeggio (probabilmente l’unico della zona) . In serata cena al ristorante del campeggio e visione del film sulla Sardegna, prodotto da Enrico.  

Istanbul, torre di galata

1 giugno

Giornata di sole e di riposo.  Attraversiamo un canale, con un traghetto leonardesco che congiunge le due sponde, passiamo attraverso le rovine di un villaggio turistico abbandonato e raggiungiamo la spiaggia. Il mare e’ pulito ma agitato e non invoglia la bagno. Sulla spiaggia vengo raggiunto un paio di cani e prendiamo il sole insieme. In Turchia ci sono molti cani liberi, tutti di taglia abbastanza grande e apparentemente docili. C’e’ calma e la spiaggia e’ deserta. Diego e Mirko raccolgono alcune cozze abbarbicate ad uno scoglio e a mezzogiorno spaghettata per tutti. Nel pomeriggio un pulmino ci porta al centro dela cittadina. Gironzoliamo un poco in un mercato (cetrioli e peperoni sono i 

Sile, sul mar nero
Sile, il faro
best seller)  mentre Enrico ne approfitta per fare una capatina dal barbiere. Visitiamo il faro, prendiamo un te’ e verso sera scendiamo al porto ove veniamo accolti da un barcone trasformato in ristorante. Antipasto di verdure crude (la cipolla sembra essere la regina dei piatti) e branzino alla brace (ottimo).  

 

Sile, il traghetto per raggiungere la spiaggia

2 giugno 

Giornata di trasferimento. Dobbiamo percorrere poco piu’ di 200 km ma partiamo comunque molto presto. Attraversiamo il mar di marmara su di un traghetto piccolo ma incredibilmente capiente. Sostiamo a Inzik, l’antica Nicea, a suo tempo capitale dell’impero bizantino e sede di un paio di concili. Degli antichi splendori non e’ rimasto nulla. Tutto e’ stato distrutto,  Ora Inzik e’ una cittadina balneare sulle sponde di un lago salmastro. Nel periodo d’oro il lago era l’estermita di un fiordo che, attraverso un percorso di una cinquantina di km portava sul mar di Marmara e sul Mediterraneo. 

Iznik, scuola d'arte
Bursa
  Nel pomeriggio, poco prima di arrivare a Bursa, ci fermiamo in un super per fare la spesa. Diego mi invita a comperare dei boccocini di agnello da cuocere sulla sua piastra. Una volta giunti a Bursa ci sistemiamo in un parco di una cittadina dell’hinterland. L’amministrazione locale non solo ci ha reso disponibile il parco ma ha anche attivato un paio di docce, predisposto un impianto per la fornitura di energia elettrica ed istituito un servizio di sorveglianza. Visitiamo la cittadina e restiamo sbalorditi. Molte case tradizionali, con il telaio in legno ed i muri di mattoni di fango e paglia sono in decadenza. Probabilmente la loro ristrutturazione e’ difficile (i mattoni di fango e paglia sono ormai un genere raro e probabilmente pochi sanno come utilizzarli) e la popolazione e’ ormai composta solo da persone anziane.  Nel nostro giro di visita incontriamo molte donne che , quando ci vedono, si affrettano a coprirsi il volto. In serata Diego cuoce sulla sua griglia i bocconcini di agnello comperati nel pomeriggio. Ottimi.  

3 giugno

Giornata intensa. In mattinata un bus ci porta in citta’. Visitiamo dapprima  il cimitero e le tombe dei piu’ importanti pascia’ del periodo ottomano (cupole, giardini e maioliche), poi la grande moschea (cupole, marmo, maioliche e tappeti) ed infine un museo locale, con fotografie di vita quotidiana risalenti alla meta’ del 1900. Pranziamo in un ristorante sulla via principale e proviamo il “kebab iscandar”, un piatto a base di pane, carne di agnello, yogurt, semolino, verdure e burro fuso (ottimo). Nel pomeriggio Enrico, Ivo ed io decidiamo  di lasciare perdere la visita all’ennesima moschea e guidati da Belma, raggiungiamo un hamam.  Il bagno turco e’ un’esperienza unica. Dapprima ripetute imerrsioni in vasche di acqua calda e caldissima, con momenti di relax in un ambiente caldo e umido, poi la fase di

Bursa, cannoni ottomani in mostra sulla piazza
 peeling, eseguita da mani esperte coperte da quanti di crine, poi il massaggio, massacrante, distesi  a pancia in giu’ su tavoli di marmo caldo ed infine il massaggio “asciutto”, mediante asciugamani caldi. Dopo il bagno, il peeling ed il massaggio segue una fase di relax che, sdraiati su comodi lettini, si trasforma, quasi subito, in un sonno leggero.  Nel pomeriggio, tornati al campo, abbiamo qualche problema con il telefono di Enrico. Dimenticato a ristorante. Con l’aiuto di Belma rintracciamo il ristorante e nel giro di un paio d’ore Enrico rientra in possesso del suo telefono, portato da un taxi. In serata Enrico proietta il suo film sulla Libia.  

 

4 giugno

Giornata di trasferimento. Imbocchiamo un’autostrada (la E90) che, attraverso paesaggi alpini ci porta, nel giro di un centinaio di km, sull’altopiano anatolico, a circa 1000 metri di altezza. L’altopiano e’ enorme (credo che sia grande almeno tre volte l’Italia) e affascinante. Il paesaggio cambia in maniera radicale. Non piu’ boschi di latifoglie e abeti, ma colline apparentemente basse (anche se la loro sommita’ sovente supera i 1500 metri) prive di alberi o arbusti. Siamo ai primi di giugno e  le vallate, coltivate a grano, cipolle e cetrioli, sono verdeggianti. Si vedono molti fiori nelle parti piu’ umide mentre le colline, prevalentemente prive di vegetazione, assumono colori diversi, dall’ocra, al marrone al bianco, a seconda della composizione del terreno. L’aridita’ evidente delle colline contrasta con 

Gordio, un attimo di relax
Gordion,  lavaggio camper
il verde delle vallate, generosamente bagnate, in questa stagione, da una fitta rete di fiumi torrenti e ruscelli.  La sosta per il pranzo, in una spaziosa area di servizio,  comprende un gruppo di volonterosi che, per poche lire ed  armati di spazzoloni, schiuma ed acqua, lavano tutti i camper. A meta’ pomeriggio sostiamo a Gordion, la citta’ piu’ importante dell’antica Frigia, del mitico re Mida e del famoso nodo, tagliato da Alessandro Magno. Pentriamo nel tumulo di re Mida (una collinetta alta un centinaio di metri) e troviamo al centro del tumulo, una cella costruita con tronchi di legno di cedro, qui’ da piu’ di 2500 anni. Belma ci dice che lo scheletro del re e gli oggetti di sepoltura sono ora esposti  nel museo delle civilta’ anatoliche di Ankara. Visitiamo anche le rovine della citta’ bastioni, fondamenti di case e pozzi che sorgono in una landa assolata, arida e desolata (probabilmente ai tempi  d’oro era baganta da un fiume che ora ha cambiato corso).  Percorriamo, sotto un sole implacabile, circa 300 km ed In serata raggiungiamo Ankara. La citta’ (oltre 4 mln di abitanti, si preannuncia
con una interminabile tangenziale, palazzoni alti e moderni, che stridono con il paesaggio circostante (colline basse e spoglie). Facciamo base nel parcheggio di un albergo situato in prossimita’ dell’aeroporto. L’albergo e’ dotato di una piscina che, nel giro di pochi minuti, si riempie di camperisti in cerca di refrigerio. Siamo sull’altopiano, a 1000 metri di altezza e nel cuore della Turchia. Le giornate sono assolate e calde mentre le notti sono fresche, quasi fredde ed invitano all’utilizzo di coperte e trapunte.  
Ankara, mausoleo di Ataturk

5 giugno

Alle 7,30 prendiamo i nostri camper e ci addentriamo in citta’. Il traffico e’ caotico e con una certa difficolta’ raggiungiamo un deposito di autobus. Lasciamo i nostri camper e raggiungiamo il centro in pullman. Visitiamo il mueso delle civilta’ anatoliche, pieno di reperti di antiche civilta’ locali (Frigi e Ittiti) e di civilta’ “importate” (greci, romani e bizantini). La parte piu’ interessante e’ stata a mio avviso la sala dedicata agli ittiti, una civilta’ potente ed evoluta, sviluppatasi 3000 anni fa e della quale restano reperti impressionanti: tavolette scritte con caratteri cuneiformi, leoni alati, sfingi e bassorilieivi rappresentanti scene di guerra, feste e cerimonie religiose. 

Ankara, museo delle civilta' anatoliche

  Dopo il museo visitiamo il mausoleo di Ataturk (non interessante), pranziamo in centro (di nuovo kebab iscandar, poiche’ e’ l’unico piatto che conosco). Nel pomeriggio prendiamo i nostri camper e ci addentriamo nell’altipiano, tra scenari irreali e caldo soffocante. Raggiungiamo Bogazkoy, una cittadina ove facciamo base, in previsione della visita alla citta’ ittita di Hattusas. 

6 giugno

Raggiungiamo , con un pulmino, le rovine di Hattusas. Dell’antica citta’ restano solo alcune spezzoni delle mura perimetrali e le fondamenta degli edifici.  Tutti pezzi trasportabili (bassorilievi, sfingi e leoni alati) li abbiamo

Hattusas, porta dei leoni
visti ieri al museo di Ankara oltre alle fondamenta di svariati edifici pubblici e privati restano in piedi alcuni portali un paio dei quali sono decorati da sculture di animali mitologici. Resta apparentemente intatta una sola porta, detta porta segreta, rappresentata da un tunnel artificiale, costruito dagli ittiti sotto i bastioni della citta’. Raggiungiamo un sito con una serie di bassorilievi ricavati direttamente sulla roccia (e per questo non trasportati  al museo). I bassorilievi, vecchi di tremila anni sono ancora in buono stato. Alcuni, costruiti su di una roccia friabile, appaiono un po’ rovinati ma sono comunque godibili. Nel pomeriggio ci mettiamo in cammino verso sud est. Il panorama e’ quello tipico dell’altipiano formato da colline basse e spoglie e vallate coltivate. Poi all’improvviso, superato un dosso, siamo in cappadocia. Il panorama cambia radicalmente. Non piu’ colline dolci e vallate verdeggianti ma rilievi aspri e  colorati (essenzialmente bianchi ed ocra), e vallate disseminate di
formazioni rocciose dalle forme piu’ strane: alcune a forma di fungo, altre  sono quasi piramidali altre ancora coniche, tutte diverse ma comunque vistose e slanciate. Raggiungiamo quindi, in uno scenario incomparabile, il nostro campeggio. In serata un commerciante di tappeti ci intrattiene parlandoci delle varie modalita’ di tessitura dei tappeti, delle varie tipologie di disegno e dei vari materiali utilizzati (lana, cotone e seta).  

 

Hattusas
Hattusas, incisioni rupestri
hattusas, la porta dei re
Hattusas, la porta segreta

7 giugno

 Visitiamo alcune spettacolari manifestazioni della cappadocia. Un pulmann ci porta nella valle di Goreme ove un gruppo di monaci costruirono (o meglio scavarono) durante il periodo bizantino, una serie di edifici religiosi (in realta’ costruirono un monastero). Visitiamo decine di chiese scavate nella roccia, da queste parti piuttosto morbida e friabile. Le pareti interne sono in gran parte decorate anche se il periodo iconoclasta ha lasciato il segno deturpando i volti delle immagine sacre. La guida ci spiega che tutto e’ in divenire  e che ogni anno il paesaggio si modifica sotto l’azione del sole, del  vento e delle  

Cappadocia, Selime
acque. Dopo il monastero ci rechiamo nella citta’ di Cavusin, una citta’ interamente scavata nella roccia (una specie di Matera locale), abbandonata a causa di un disastroso terremoto. Sulla via del ritorno ci fermiamo ad ammirare i camini delle fate, le tipiche costruzioni rocciose a forma di fungo. In serata assistiamo ad una esibizione di dervisci danzanti. Si tratta di monaci che ritengono di arrivare piu’ vicini a Dio rotendo su se stessi. Cinque dervisici ballano roteando lentamente, accompagnati da una musica bassa e monotona prodotta flauti e tamburi.  
Cappadocia, camini delle fate
Cappadocia, camini delle fate
Cappadocia, preparazione della pizza turca

8 giugno

Seconda giornata di visita in cappadocia. Un pullman ci porta, dopo un’ora di viaggio,  ai bordi di un canyon largo qualche centinaio di metri e lungo una ventina di km. Siamo nella valle di Ihlara o valle di Persitema. Scendiamo qualche centinaio di gardini scavati nella roccia e nella terra e ci troviamo sul fondo della valle. La valle e’ percorsa da un torrente sporco e puzzolente (tributo al progresso delle popolazioni locali) e da un sentiero in terra battura. Percorriamo un centinaio di metri e dopo un ponticello in legno, troviamo una chiesa rupestre scavata nella roccia. L’interno di questa chiesa e’ come per le precedenti visitate ieri, coperto di affreschi deturpati dalla 

cappadocia, la valle di Peristema
Kaimakli, ingresso della citta' sotterranea
 stupidita’ iconoclasta. Proseguiamo e troviamo altre chiese rupestri. Probabilmente la valle e’ stata, per secoli, abitata da monaci ed eremiti che trovarono l’ambiente ideale per una vita  fatta di meditazione ed isolamento. Dopo la visita alla valle di Peristema ci rechiamo a Kaimakli, sede di una gigantesca citta’ sotterranea. La citta’ e’ formata da una serie di stanze e cunicoli che si sviluppano per centinai di metri  ad una trentina di metri sottoterra. Furono costruiti  con intenti difensivi (in caso di attacco gli uomini vi nascondevano donne ed i bambini) e furono piu’ volte utilizzate, anche in occasione dell’invasione turca (tredicesimo secolo). Si tratta di un vero labirinto, con corridoi bassi e stretti, stanze piccole, sfiatatoi e chiusure di sicurezza. Nel pomereggio, dopo un paio di ore di riposo, raggiungiamo Aksaray, una cittadina sulla via della seta, ove ci sistemiamo per la notte. In serata Carla prepara penne al tonno mentre Diego, ci delizia con dei pezzi di agnello cotti a puntino.  

9 giugno

Giornata di trasferimento. Ci spostiamo da Aksary a konja.  Durante la marcia ci fermiamo a Sultanhani un paesino presso il quale sorge un caravanserraglio in ottimo stato di conservazione (forse utilizzato sino ad un centinaio di anni fa). Si tratta di una costruzione massiccia, quasi un fortino, al cui interno trovavano riparo notturno le carovane dei mercanti. Raggiungiamo quindi Konja, la citta’ piu’ integralista della Turchia. Donne con il capo coperto, vestiti arabeggianti e moschee ovunque. Visitiamo il museo di Mevlana (il monaco che fondo’ l’ordine al quale appartengono i danzatori dervisci). Visitiamo il museo (nulla di interessante, se non una teca che contiene la barba di Maometto) e poi siamo liberi di visitare la citta’.  Insieme ad Enrico raggiungo il centro e poi con l’aiuto di un pensionato locale che parla inglese (ex 

Sultanhani, il caravanserraglio
konja, la moschea verde
dirigente commerciale) visitiamo la moschea di aladino, risalente al XII secolo e costruita con capitelli e colonne di provenienza greca, romana e selgiuchida. All’uscita della moschea veniamo sorpresi da un violento temporale che ci costringe a stare per piu’ di un’ora sotto una pensilina in attesa di un mezzo pubblico. Alla fine riusciamo a prendere un taxi ed a tornare alla base. Il campo, sovrastato da un arcobaleno, e’ un disastro. Le pioggie hanno ammorbidito il fondo in terra battuta e l’hanno trasformato in un pantano. Abbiamo difficolta’ persino e raggiungere a piedi i nostri mezzi poiche’ bastano due passi perche’ uno zoccolo di fango aderisca alle 
Konja, arcobaleno dopo la tempesta

suole delle scarpe. Con un po’ di fortuna raggiungo il camper e dopo un’ora di pulizia (pavimenti e sacchi a pelo bagnati a causa dell’acqua entrata da un oblo, scarpe infangate (lascite fuori dal camper ma da pulire) ed altre amenita’ sono quasi a posto. Carla, la moglie di Diego, mi fa pervenire un piatto caldo di melanzane ripiene e la giornata si conclude positivamente.

10 giugno

La partenza e’ fissata per le 8,30 ma gia’ alle 7,30 siamo tutti in attivita’ per tirare fuori i camper dal fango. Qualche camper riesce ad uscire da solo mentre altri devono essere tirati fuori con l’aiuto di funi (ad un certo punto una fune si e’ spezzata ed assistiamo ad un 

Konja, l'uscita dal pantano
Uzuncaburk, un inusuale mezzo di trasporto
capitombolo di massa). Riprendiamo la marcia e ci dirigiamo verso Silifke, cittadina balnerae sulla costa sud della Turchia, di fronte all’isola di Cipro.  Superiamo un passo da 1600 metri e scendiamo quasi al livello del mare. Poi risaliamo a 1200 metri per visitare i resti della citta’ romana di Diocesarea (oggi Uzuncaburk), antica citta’ sulla via per l’oriente. Anfiteatro, tempio di zeus, porta della citta’ e colonnati con capitelli ben conservati.  Scendiamo a valle e dopo un giro su di un ponte romano (non visto per mancanza di tempo), ci dirigiamo verso un sito in cui sono presenti due grandi cavita’ naturali. Una, piccola profonda ed inaccessibile, e’ chiamata valle dell’inferno (utilizzato un tempo per gettarvi le mogli fedigrafe) mentre l’altra, lunga qualche
centianio di metri, e’ chiamata valle del paradiso. Quattrocento scalini ed una ripida via ci portano sul fondo della valle ove, all’ingresso di una profonda grotta naturale, troviamo una basilica bizantina (vi depositavano i defunti, nell’intento di rende piu’ breve il tragitto verso il paradiso). Risaliamo i 400 gradini e ci dirigiamo verso Silifke e verso  il campeggio,  situato direttamente sul mare, nel fondo di una piccola insenatura.  

 

La basilica bizantina nella valle del paradiso

11 giugno

Giornata di riposo. La giornata e’ assolata ma ventilata. Nel pomeriggio avvistiamo due grosse tartarughe che nuotano, pigramente, a qualche decina di metri dalla spiaggia.  In serata organizziamo una piccola festa. Rosella prepara la pasta ed Enrico proietta uno dei suoi film.  

 

Silfke, il campeggio

12 giugno

Percorriamo una strada stretta e non troppo confortevole che corre lungo la costa. Panorama splendido, mare turchese e caldo soffocante. Nella tarda mattinata raggiungiamo Anamur, sede di un grandioso castello fondato addirittura dai romani (terzo secolo dopo cristo) ma utilizzato anche dai bizantini, dai crociati e dai turchi. Raggiungiamo poi un vicino campeggio. Facciamo il bagno su di una piaggia cosparsa di gabbie matalliche. Ci spiegano che sono messe a protezione dei nidi delle tartarughe marine che, a quanto pare, hanno scelto questa spiaggia per deporre le uova.  

Anamur, il castello
Anamur, spiaggia delle tartarughe
in serata armati di torcia  e di telecamere battiamo la spiaggia nella speranza di veder qualche tartaruga. In realta’ le tartarughe, spaventate dalle nostre torce e dal nostro rumore, non si azzardano ad uscire dall’acqua. In nottata Enrico e Marcello, piu’ pazienti e meno fracassoni di altri, riescono invece a filmare una tartaruga che depone le uova.  

13 giugno

Giornata di sole e di trasferimento. Corriamo lungo la strada costiera. Stretta, piena di curve e di dislivelli. Dopo una novantina di Km raggiungiamo Alanya, una specie di Rimini locale, con alberghi, pizzerie e turisti (molti russi). Visitiamo la grotta di Damlatas (una grotta coperta da stalattiti) e ci rimettiamo in marcia verso ovest. Pranziamo nel porto di Alanya e Diego ne approfitta per acquistare un enorme tonno che gusteremo in serata. Proseguiamo e nel primo pomeriggio raggiungiamo Manavgat, una cittadina senza storia. Alcuni camperbus ci portano a vistare le cascate locali (pochi metri di dislivello ma grande fronte). Nel pomeriggio bagno e relax.  

manavgat, le cascate

14 giugno 

Continuiamo a correre verso ovest, lungo la costa sud della Turchia. Sostiamo ad Aspendos per visitare il teatro romano, pressoche’ intatto ed ancora in attivita’ (due giorni prima avevano rappresentato il Nabucco). Sostiamo anche a Perge ove i ruderi (imponenti) della citta’ ci ricordano l’importanza di questa regione nel periodo ellenistico e romano.  In serata raggiungiamo Antalya, citta’ simbolo delle vacanze in Turchia. Fa molto caldo e dopo un avventuroso giro in un supermercato sostiamo in un parcheggio situato nella zona dei divertimenti, ad ovest della citta’. In serata siamo liberi. Ne approfitto per visitare la zona vecchia e per cenare nel vecchio porto.  

Aspendos
Perge
Antalya

15 giugno

Sotto un sole implacabile dobbiamo metterci in marcia per raggiungere Kas, a circa 200 km di distanza.  Durante il viaggio sostiamo a Phaselis, un sito archeologico, con i resti imponenti di un acquedotto e di una cittadina romana.  Acque chiare, spiaggia pulita e bagno rinfrescante.  Durante le manovre di avvicinamento al sito vengo tamponato da un mezzo guidato da un giovane turco. L’urto sfascia il paraurti posteriore,  deforma alcuni longheroni del controtelaio e piega il piedino posteriore sinistro. Il turco autore del tamponamento e’ un giovane operaio, con una mecchina vecchia ed insicura, senza soldi e senza assicurazione. Dopo l’intervento della polizia il giovane promette di farmi avere, nel giro di poche ore, 2500 lire a parziale rimborso del danno. Dopo un piao d’ore telefona e fa sapere di essere in grado di fornire solo la meta’ della cifra promessa. Partiamo con la promessa che la cifra, ormai dimezzata,  versata nel giro di pochi giorni (in realta’ ormai a distanza di mesi, il giovane non ha versato nulla). 

Phaselis, acquedotto romano
Myra, tombe rupestri
Riparto con il fascione posteriore trattenuto da uno spago. Raggiungiamo Myra, una cittadina con un superbo sito archeologico: oltre ad un anfiteatro pressoche’ intatto vediamo numerosi monumenti tombali scavati su di una parete di marmo. Mentre il resto della carovana visita la casa di san Nicola io e Cesare cerchiamo una ferramenta ove comperiamo  viti e piastrine nella speranza di poter sistemare meglio il fascione posteriore del camper. In serata raggiungiamo Kes, graziosa cittadina balneare  al centro della Lycia. Enzo e Cesare si mettono al lavoro e tra la serata e la successiva mattinata rimettono in sesto, in maniera lodevole  il fascione, le luci e la targa.   
Kes, riparazione del camper

16 giugno

Giornata di mare. Verso le 10 un pulmino ci porta  ad un porticciolo ci imbarchiamo su di una piccola imbarcazione e partiamo alla scoperta del mare e del sole turco. Costeggiamo l’isola di kekova, sostiamo in diversi punti e ci tuffiamo piu’ volte in un mare pulito ed attraente. Pranziamo a bordo (nulla di speciale)  e tiriamo tardi tra un tuffo, uno spuntino e la visita di un sito archeologico sommerso. In realta la citta’ sommersa ci delude un poco perche’ sott’acqua rusciamo ad intravvedere solo i resti di alcune anfore (in realta solo dei ciotoli di argilla) mentre la parte non sommersa e’ ormai crollata e presenta solo qualche scalinata e qualche porta che finiscono direttamente sul mare.  Rientrati al campo ne approfitto per controllare le luci posteriori del mio camper e per sostituire ben sette lampadine, fulminate dall’impatto.  

Kes

17 giugno  

Altra giornata di sole . Partiamo con calma, facciamo rifornimento di gasolio e verso le 11 raggiungiamo la spiaggia di Patara, altra antica citta’ della Lycia abbandonata a causa del progressivo abbassamento del terreno che l’ha trasformata in un pantano. Il sito presenta un anfiteatro, un odeon (un piccolo anfiteatro) ed un arco di trionfo particamente intatti ed  i resti di un tempio dedicato ad apollo. Raggiungiamo il mare, turchese come sempre, e ci 

Patara
rinfreschiamo. Ormai durante il giorno la temperatura interna ed esterna al camper oscilla intorno ai 32 gradi.  Nel pomeriggio raggiungiamo Xantos, capitale dell’antica Lycia. Anfiteatro, colonne ed un discreto pavimento a mosaico. In serat raggiungiamo, attraverso una impossibile salita e discesa, la cittadina balneare di Oludeniz.  La cittadina ha una bella spiaggia di sabbia bianca ma non troviamo spazio nelle vicinanze del mare. Siamo costretti a spostarci ad ovest ove, ai bordi di una laguna, e’ stato attrezzato un campeggio.  

 

18 giugno

Giornata di sole. Non abbiamo nulla in programma e pertanto facciamo tutto con calma. In mattinata visitiamo la cittadina: oreficerie, agenzie turistiche e pizzerie. La cittadina sorge all’interno di un golfo ed e’  raggiungibile solo tramite una strada con una pendenza esagerata. Durante la visita ci imbattiamo in un’agenzia turistica che propone ascese e discese in parapendio. L’idea di un giro in parapendio (con pilota al seguito) ci attira. La spesa non sembra esagerata (70 euro) per cui Enrico ed io prenotiamo il lancio per il primo pomeriggio.  Alle 13 siamo davanti 

Oludeniz, giro in parapendio
all'agenzia, in attesa dei piloti. Casualmente passano Marcello e sua moglie e nonostante le apprensioni della moglie, Marcello si unisce a noi. Uno scassatissimo ma potente camioncino dodge ci porta a circa 2000 metri di altezza, sulle montagne che proteggono il golfo. In pochi minuti mi vestono (una tuta rossa ed un caschetto), srotolano il parapendio e siamo pronti. Il mio pilota, che si fa chiamare
Oludeniz, giro in parapendio
Rambo, mi da alcune basilari istruzioni (in pratica devo solo fare tre passi di corsa e poi alzare i piedi) e quindi partiamo. Il parapendio prende subito il volo ed in pochi attimi mi trovo sospeso, seduto su di un seggiolino di tela attaccato al nulla. Rambo si dirige verso una parete quasi verticale ove spirano venti ascensionali. Saliamo fino ad 2500 metri e ad un certo punto ci troviamo piu’ in alto di qualunque montagna circostante. Rambo si dirige verso il mare ed inizia una lentissima discesa (l’ecursione dura circa 90 minuti). Il panorama e’ spettacolare e la sensazione del vuoto e’ forte. Guardo in basso e sotto le mie ginocchia vedo il mare o le rocce, a seconda di dove ci troviamo
Oludeniz, festa al campo
e di come siamo orientati. Faccio qualche ripresa con la telecamera e mi godo il panorama.  Verso la fine dell’escursione Rambo mi dice qualcosa in inglese. Io non capisco ma rispondo comunque si. Immediatamente dopo inizia un veloce mulinello nell’aria. Mi sembra di essere su di una centrifuga. Chiudo gli occhi e li riapro solo quando tutto sembra essersi calmato. Siamo ormai a pochi metri da terra sulla linea di atterraggio (sulla spiaggia) pochi secondi e tocchiamo terra. L’impatto e’ morbido e restiamo in piedi senza difficolta’.  Grande esperienza. In serata Francesco e Gina preparano pasta e funghi per tutti (ottima, tanto per cambiare) mentre io taglio a pezzi un salametto ed un po’ di formaggio grana. Con qualche bottiglia di vino bianco e di succo di frutta improvviso un piccolo aperitivo per tutti.  

19 giugno

Altra giornata di sole. Ci muoviamo, risaliamo il passo, usciamo da Oludeniz e raggiungiamo in pochi minuti un luogo chiamato Dalyan situato sul delta del fiume Dalaman. Lasciamo i camper, ci imbarchiamo su di una chiatta fluviale e raggiungiamo una zona termale con due piscine: una con acqua sulfurea a 38-40 gradi ed un’altra piena di acqua fangosa. Ci infanghiamo, aspettiamo che il fango secchi ed agisca sulla impurita’ della pelle e q rompo irrimediabilmenteuindi ci laviamo (durante le operazioni di immersione nella piscina di fango rompo 

Dalyan, la piscina di fango
dalaman, tombe rupestri
irrimediabilmente i miei sandali di plastica). Poi un tuffo nella piscina termale, breve stazionamento e quindi nuova doccia. Dopo le terme raggiungiamo, sempre in barca, un ristorante per una colazione a buffet con cibi turchi. Oltre ad un po’ di pollo impanato troviamo una grande varieta’ di verdure cotte e crude. (in pratica un discreto buffet vegetariano). Nel pomeriggio raggiungiamo, sempre in barca, una spiaggia accessibile solo dal fiume o dal mare. Una lingua di sabbia  nella quale le tartarughe marine sono solite depositare le uova (basta una breve passeggiata sulla spiaggia per scorgerne le tracce). A meta’ pomeriggio torniamo al camper. La temperatura interna e’ di 45 gradi che, dopo diverse ore di viaggio con i finestrini aperti, scende a 40 gradi. Raggiungiamo Marmaris (altra ridente cittadina balneare) e ci sistemiamo un po’ fuori citta’, in un campeggio sul mare.  La temperatura e’ alta e non c’e’ un filo di vento. Vado a piedi in citta’, trovo un venditore di scarpe e compero, ad un prezzo assurdo (45 lire, circa 25 euro) un paio di sandali di plastica. Rientro 
alla base e vedo che la temperatura e’ scesa a 35 gradi. Ancora troppo caldo. Vado sulla spiaggia, percorro un pontile di legno e mi siedo per un’oretta ad assaporare la brezza marina, leggermente piu’ fresca dell’aria a terra. Dopo cena vado di nuovo in citta’.  Atttraverso un quartiere pieno di locali notturni, di giovani e di musica; visito un mercato ove vedo sandali in pelle e cuoio a prezzi piu’ bassi di quelli che ho appena acquistato. Rientro a notte inoltrata. Ci sono ancora 30 gradi.  

20 giugno

Giornata di relax. Percorriamo una trentina di km e raggiungiamo un campeggio sulla penisola di Datea, a nord di Marmaris. La temperatura e’ sempre alta. Ci bagnamo e ci riposiamo in vista delle due prossime impegnative giornate.

21 giugno

Sveglia all’alba e partenza per Denizli, 240 km di strada in gran parte in pendenza. Saliamo a 1000 metri, facciamo un paio di passi montani e finalmente ci torviamo su di un altopiano, a 350 metri di altezza. Oltre alle solite coltivazioni intravvediamo qualche campo di cotone. Verso mezzogiorno superiamo Denizli e puntiamo verso Pamukkale (castello di cotone), una trentina di km a nord est.  Una volta arrivati ci sistemiamo nel parcheggio di un ristorante. Anche oggi la giornata e’ molto calda (34 gradi sul termomentro interno)  ma un tuffo nella piscina del ristorante ci rimette a posto. Pranziamo nel ristorante (12 lire per un discreto pasto)  e poi, verso le quattro, saliamo a visitare le formazioni biancastre di pamukkale e le rovine di Hierapolis.  

pamukkale
Hierapolis, un cippo nei pressi dell'anfiteatro
La strada, vista da lontano, sembra una salita (o una discesa) agli inferi: file di persone che si muovomo lentamente e apparentemente con fatica. Vista da vicino cambia tutto. Il sentiero e’ coperto di acqua, tiepida  e ricca di carbonato di sodio (che depositandosi forma le caratteristiche formazioni di roccia biancastra). La strada deve essere percorsa a piedi nudi (le scarpe sono proibite per non danneggiare le formazioni di carbonato di sodio) per cui si procede lentamente con i piedi a bagnomaria. Nonostante l’acqua sia tiepida si sta abbastanza bene. Evidentemente l’acqua, per quanto tiepida, e’ comunque sufficiente a raffreddare il corpo e a rendere meno pesante il caldo soffocante che ci circonda. Le formazioni di roccia biancastra sono spettacolari e nell’insieme formano un paesaggio irreale. Una volta in cima alla colllina visitiamo le rovine di Hierapolis, citta’ termale di epoca romana e la piscina termale, attiva da decine di secoli.  

 

22 giugno

Giornata di trasferimento. Da Pammukkale, situata all’interno della regione egea, torniamo sulla costa. La galoppata verso ovest e’ interrotta da svariate soste. La prima, la piu’ importante e’ la visita di Aphrodisia, un sito archeologico un po’ fuori mano ma incredibilmente ricco. La citta’ attiva sino alla fine dell’impero bizantino mantiene imponenti 

Aphrodisia, cicogne
Aphrodisia, apollo
Aphrodisia, l'ippodoromo

tracce ellenistiche, romane e bizantine.  Oltre ad una ricca serie di sarcofaghi finemente lavorati ammiriamo una miriade di bassorilievi decorativi (per lo piu’ festoni) e alcuni blocchi in cui sono scolpiti il sole, la testa di apollo, un toro ed altri soggetti mitologici o pagani. Tutti situati all’aperto e senza alcuna particolare protezione, Visitiamo poi la citta’, un anfiteatro ben conservato, un odeon (un piccolo anfiteatro, per riunioni politiche e per spettacoli diretti ad un pubblico ristretto), il tempio di afrodite (enorme), il tetrapilon, la porta monumentale recentemente restaurata ed in fine l’ippodoromo, una struttura  a gradinate, lunga almeno 200 metri.  Riprendiamo la marcia e dopo varie soste, una anche per un problema tecnico al camper numero 9 (il camper di Virgilio), raggiungiamo la costa nei pressi di Selcuk.  In serata un concerto rock, tenuto in una vicina spiaggia, ci tiene allegri sino a tarda ora.  

Aphrodisia, il tetrapillon

23 giugno

Giornata calda. Le previsioni parlano di un vento africano che portera’ temperature superiori ai 35 gradi. Alle 7,30, nell’intento di anticipare la canicola, siamo tutti su di un pulman diretto ad Efeso. Citta’ grandiosa, di impianto romano, ha subito diverse evoluzioni (ed anche spostamenti) a seguito del progressivo insabbiamento del porto. Conserva ruderi del periodo romano e bizantino. L’anfiteatro, grandioso e a quanto sembra ancora attivo,  dispone di 30000 posti a sedere; il tempio di venere, considerato ai tempi una delle sette meraviglie del mondo mostra ancora la grandiosita’ dell’impianto con le sue colonne alte e di grande diametro. La facciata della biblioteca di celso infine, 

Efeso, cippo con il simbolo di epidauro
Efeso, la facciata della biblioteca di celso
Efeso, una porta dell'odeon
Efeso, la casa della madonna
riassemblata frammento per frammento, lascia senza parole. La facciata e’ interamente coperta da marmi lavorati (quasi un barocco, con la fondamentalòe differenza che tra un periodo e l’altro sono passtai piu’ di 1500 anni di sviluppo teconologico), quattro statue, di cui una quasi intatta, decorano l’ingresso. La facciata e’ arricchita da portici in marmo, il cui soffitto e’ composto 
Efeso, la vittoria alata
da cassettoni, sempre in marmo, con decorazioni floreali. Sulla via del ritorno sostiamo per qualche minuto in un sito in cui e’ stata rintracciata un’antica casa. La posizione della casa, cosi’ come le sue dotazioni, sembrano soddisfare la descrizione presente in uno dei vangeli per cui la casa e’ stata accreditata, anche dal Vaticano, come la casa della Madonna negli anni successivi alla morte di Cristo. Ora e’ un luogo sacro, gestito da alcuni monaci e meta di un continuo pellegrinaggio.  Nell’interno, piccolo e spoglio, e’ stata creata un’aria mistica ed ho visto piu’ di un compagno di viaggio inginocchiarsi e pregare. Nel pomeriggio alcuni compgni di viaggio abbandonano il campeggio assediato dal concerto rock.  

24 giugno

Giornata torrida. Il vento africano porta un calore insopportabile e nel giro di poche ore la temperatura interna al camper raggiunge i 40 gradi. Raggiungiamo Pergamo in mattinata.  Nel pomeriggio uno scassatissimo bus ci porta al sito archeologico. Il sito, pur interessante non regge il confronto con Efeso e con Aphrodisia (ormai sara’ difficile trovare qualcosa di meglio) . Interessante la visita all’Aesculapion, antica clinica di lusso per la cura delle malattie psichiche (la depressione non e’ un male moderno) . Vediamo alcuni interessanti esempi di medicina antica, tra i quali un tunnel in cui venivano fatti transitare i pazienti. Da alcuni fori praticati nelle pareti del tunnel alcuni medici si qualificavano come divinita’ e dicevano al paziente di assumere una tisana che li avrebbe guariti. Sembra che i semplici pazienti di 

Pergamo, il tunnel di aesculapion
Pergamo, colonna con serpenti
allora, suggestionati dalle parole della divinita’ ne traessero effettivamente un beneficio. Dopo la visita sostiamo in una cittadina in cui si sta svolgendo una festa. Anche qui’ nulla di interessante: una sfilata di bancarelle per la vendita di pacottiglia ed un teatro all’aperto in cui si sta svolgendo un festival di balletti folkroristici. Le danze e la musica ci fanno riconoscere qualche gruppo russo e qualche gruppo turco. In serata un bus ci accompagna al porto per una breve visita e per un te'. La vista al porto e’ un fuori programma, organizzata per evitare di infastidire un matrimonio che si sta svolgendo nel cortile del ristorante in cui abbiamo parcheggiato i camper. Siamo tutti piuttosto stanchi (il caldo di questi giorni ci ha steso) e almeno quattro signore del gruppo denunciano problemi alle gambe. La visita al porto si rivela un’ulteriore strapazzo.  A notte inoltrata, quando torniamo al camper, la temperatura e’ scesa a 31 gradi.  

25 giugno  

Altra giornata torrida. Partiamo presto e verso le 11 raggiungiamo un sito in cui e’ stata scoperta un’antica citta’ che si crede sia Troia.  Il sito, pur interessante, non e’ paragonabile ai precedenti per cui, a parte la foto sul cavallo di legno, la visita non apapre particolarmente interessante (e poi il caldo ha spento l’interesse). Pranziamo in loco, sotto un sole implacabile e nel pomeriggio raggiungiamo Cannakkale. Durante il percorso il radiatore del camper di Guido mostra segni di scoramento mentre Diva, una sportiva compagna di viaggio, ha seri problemi ad un ginocchio. Viene portata ad un vicino ospedale e, dopo una visita fantozziana (e’ mancata piu’ volte la corrente e la progettata TAC, pur pagata, non e’ stata ne’ eseguita ne’ rimborsata), viene dimessa senza alcuna diagnosi. A meta’ pomeriggio ci imbarchiamo

Troia
Cannakkale, attesa per l'imbarco
 su di un capiente traghetto ed attraversiamo lo stretto dei Dardanelli. Siamo tornati in Europa ed il radiatore del camper di Guido, una volta raggiunto il parcheggio, esala l’ultimo respiro. Un meccanico, chiamato per un consulto, diagnostica la rottura del radiatore e per Guido il viaggio apparentemente si interrompe qui, in attesa di un nuovo radiatore.  

26 giugno   

Giornata intensa. In mattinata arriva un’auto con due meccanici. In pochi minuti smontano il radiatore del camper di Guido e se lo portano via. Tornano dopo un paio di ore con un radiatore nuovo (miracolo!). Lo montano, lo provano ed e’ tutto ok. La carovana tira un sospiro di sollievo e ripartiamo tutti insieme. Nel giro di un paio di ore siamo alla frontiera con la Grecia. Sbrighiamo le formalita’ doganali e Belma, la nostra giovane guida turca,  ci abbandona.  Prima di entrare in Grecia siamo costretti a passare sotto ad un tunnel di autoloavaggio. Il camper viene irrorato, da tutte le parti con un liquido (forse disinfettante ma apparentemente acqua). Restiamo tutti stupefatti. Questo tunnel 

Ecebat, meccanici all'opera

e’ di fatto un atto di disprezzo nei confronti della Turchia che, tra le altre cose, ha insegnato l’igiene a tutta l’umanita’. Una vera vergogna che l’Unione Europea dovrebbe stigmatizzare. Una volta in Grecia corriamo verso ovest. Dopo alcune ore di marcia ci fermiamo a Orfani, sulla stessa spiaggia che ci aveva accolto all’andata. E’ ormai buio e siamo tutti molto stanchi. Ciononostante nel giro di pochi minuti siamo tutti in acqua.

27 giugno  

Giornata di trasferimento. Partiamo verso le 10 e corriamo verso ovest. Percorriamo la E90 e, con qualche sosta e con qualche rischio (viaggiare in colonna ad alta velocita’ su strade ed autostrade molto trafficate puo’ essere pericoloso) raggiungiamo Igoumenitza.  Siamo in anticipo di un giorno. Cerchiamo un campeggio e ci sistemiamo nei pressi di una tranquilla baia sul mare.    

coppia di pellicani su di un laghetto greco

28 giugno  

Giornata di riposo. Sole, bagni, mussaka e insalata greca  

29 giugno  

Altra giornata di relax. A meta’ pomeriggio raggiungiamo il porto in attesa dell’imbarco per  l’Italia. Durante l’attesa sentiamo vibrare il terreno. Alziamo gli occhi e vediamo ondeggiare i pali dei lampioni che illuminano il parcheggio del porto. In serata riusciamo finalmente ad imbarcarci ed a partire.  

Igoumenitza, le fasi dell'imbarco
Urbino

30 giugno  

Appena scesi dal traghetto il gruppo si disperde e ciascuno si dirige verso casa. Io invece penso di raggiungere Poggibonsi, sede dela Rimor, per cercare di recuperare i pezzi di ricambio necessria alla sistemazione del camper (tamponato e danneggiato a Phaselis). Oggi e’ sabato e la Rimo riapre lunedi’ mattina.  Raggiungo lentamente Fano e mi sistemo in uno spiazzo sterrato in riva al mare, a fianco di un luna park e vicino ad una decina di altri camper. Dopo cena assisto ad un deprimente spettacolo di cabaret e quindi, con il fresco della notte, mi incammino alla volta di Urbino ove trovo un bel parcheggio per la notte.  

 

01 luglio  

Visito Urbino. Si tratta di una citta’ in salita che almeno apparentemente non offre nulla di interessante. E’ domenica mattina. Mi siedo sui tavolini di un bar della piazza principale. Prendo un aperitivo, leggo il giornale e tiro mezzogiorno. Dopo pranzo mi rimetto in marcia. Attraverso gli appennini  superando il passo di Bocca Trabaria ed arrivo a Poggibonsi in serata. Fatico un poco a trovare la Rimor ma alla fine mi sistemo proprio davanti all’ingresso del capannone dei ricambi.  

02 luglio  

Acquisto velocemente i ricambi e mi rimetto in marcia, In serata sono a casa.  

Poggibonsi

 

Considerazioni  

Questo viaggio, al pari del viaggio in Russia dello scorso anno, e’ stato un viaggio lungo e faticoso.  Ma anche in questo caso posso dire che e’ stato un viaggio splendido. Non solo abbiamo visto molte cose ma abbiamo anche apprezzato la gentilezza e l’ospitalita’ turca. Abbiamo percorso strade, visitato citta’ e ci siamo resi conto che i turchi sono un popolo di persone semplici e generose. Sotto l’aspetto economico ho speso in tutto 4300 euro, di cui almeno 900 di gasolio e 450 di ricambi per il camper.  

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